PERCHÉ “FAMIGLIA CON DISABILITÀ” E PERCHÉ DISABILITÀ IN FAMIGLIA: LA MIGLIORE ED UNICA VITA POSSIBILE
La disabilità, soprattutto nelle forme più gravi, crea un insieme di problematiche che coinvolgono tutta la famiglia. Infatti, le persone con disabilità grave vivono essenzialmente in famiglia (dal 70 al 90% dei casi, secondo le fonti): per questo motivo parliamo di “famiglia con disabilità”.
L’approccio alla disabilità e alle sue conseguenze agisce in maniera diversa sui vari membri della famiglia: i genitori, i fratelli e le sorelle, i nonni e gli altri parenti vivono la disabilità del loro congiunto ciascuno in modi specifici. Tuttavia queste diverse esperienze e sensibilità, almeno nei casi più felici, si fondono armoniosamente e creano il miglior ambiente possibile per la vita di un bambino o di un ragazzo con disabilità.
Le nostre esperienze ci inducono ad affermare che una vita extrafamiliare di buona qualità sia estremamente difficile da realizzare, sia sotto il profilo concreto che sotto quello affettivo: l’istituzionalizzazione va vista come soluzione estrema, da adottare solo quando la persona non può più godere del supporto familiare; anche in questo caso, comunque, il modello organizzativo a cui fare riferimento è la famiglia. A parte tali considerazioni, è chiaro che una scelta di vita extrafamiliare è più che benvenuta quando questa deriva dal desiderio di autonomia e di realizzazione di sé della persona; ma questo avviene molto raramente nei casi di disabilità gravissima.
Le interazioni tra disabilità e famiglia sono numerosissime ed investono in pratica tutti gli aspetti della vita familiare: da quello affettivo, a quello economico, dai rapporti tra i vari membri della famiglia a quelli con la società. L’analisi di queste interazioni verrà esaminata nei capitoli seguenti.
Se il crescere in famiglia è, o almeno dovrebbe essere, la condizione ottimale e naturale per la persona, ancor più lo è per quella con disabilità grave. Il neonato o il bambino con disabilità dovrebbe vivere fuori della famiglia solo per inderogabili necessità di carattere sanitario; anche i ricoveri ospedalieri, almeno nei reparti non di terapia intensiva, sono oggi fortunatamente alleviati dalla possibilità di presenza costante dei genitori.
Naturalmente il concetto di famiglia è oggi mutato rispetto ad un tempo: la famiglia può essere composta anche da una sola persona, anche da un non-genitore, l’importante è che sia presente il legame affettivo e di cura che ne costituisce l’essenza.
Affetto e cura sono in effetti le due necessità-base di un bambino con disabilità grave; non intendiamo ovviamente che queste necessità vengono a mancare con la maggiore età, ma da piccoli sono veramente indispensabili.
art.2 - La famiglia con disabilità di Giorgio Genta e Dario Petri (testo integrale qui)
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