“L’Universo non giudica: cospira a favore di ciò che desideriamo. Perciò il guerriero ha il coraggio di guardare le ombre della propria anima, e si domanda se non stia chiedendo qualcosa di sbagliato per se stesso. E presta sempre grande attenzione a ciò che pensa.” PAULO COELHO
27/11/10
Quello che le donne non dicono
per ricordare la giornata mondiale (25 novembre) contro la violenza alle donne.....
di Fiorella Mannoia: Quello che le donne non dicono
di Fiorella Mannoia: Quello che le donne non dicono
Uguale riconoscimento dinanzi alla legge
Articolo 12 Convenzione ONU sui diritti delle persone condisabilità
Uguale riconoscimento dinanzi alla legge
1. Gli Stati Parti riaffermano che le persone con disabilità hanno il diritto
al riconoscimento in ogni luogo della loro personalità giuridica.
2. Gli Stati Parti riconoscono che le persone con disabilità godono della
capacità giuridica su base di uguaglianza con gli altri in tutti gli aspetti
della vita.
3. Gli Stati Parti adottano misure adeguate per consentire l’accesso da
parte delle persone con disabilità al sostegno di cui dovessero necessitare
per esercitare la propria capacità giuridica.
4. Gli Stati Parti assicurano che tutte le misure relative all’esercizio della
capacità giuridica forniscano adeguate ed efficaci garanzie per prevenire
abusi in conformità alle norme internazionali sui diritti umani. Tali
garanzie devono assicurare che le misure relative all’esercizio della
capacità giuridica rispettino i diritti, la volontà e le preferenze della
persona, che siano scevre da ogni conflitto di interesse e da ogni influenza
indebita, che siano proporzionate e adatte alle condizioni della persona,
che siano applicate per il più breve tempo possibile e siano soggette a
periodica revisione da parte di una autorità competente, indipendente ed
imparziale o di un organo giudiziario. Queste garanzie devono essere
proporzionate al grado in cui le suddette misure incidono sui diritti e sugli
interessi delle persone.
5. Sulla base di quanto disposto nel presente articolo, gli Stati Parti
adottano tutte le misure adeguate ed efficaci per garantire l’uguale diritto
delle persone con disabilità alla proprietà o ad ereditarla, al controllo dei
propri affari finanziari e ad avere pari accesso a prestiti bancari, mutui e
altre forme di credito finanziario, e assicurano che le persone con
disabilità non vengano arbitrariamente private della loro proprietà.
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Uguale riconoscimento dinanzi alla legge
1. Gli Stati Parti riaffermano che le persone con disabilità hanno il diritto
al riconoscimento in ogni luogo della loro personalità giuridica.
2. Gli Stati Parti riconoscono che le persone con disabilità godono della
capacità giuridica su base di uguaglianza con gli altri in tutti gli aspetti
della vita.
3. Gli Stati Parti adottano misure adeguate per consentire l’accesso da
parte delle persone con disabilità al sostegno di cui dovessero necessitare
per esercitare la propria capacità giuridica.
4. Gli Stati Parti assicurano che tutte le misure relative all’esercizio della
capacità giuridica forniscano adeguate ed efficaci garanzie per prevenire
abusi in conformità alle norme internazionali sui diritti umani. Tali
garanzie devono assicurare che le misure relative all’esercizio della
capacità giuridica rispettino i diritti, la volontà e le preferenze della
persona, che siano scevre da ogni conflitto di interesse e da ogni influenza
indebita, che siano proporzionate e adatte alle condizioni della persona,
che siano applicate per il più breve tempo possibile e siano soggette a
periodica revisione da parte di una autorità competente, indipendente ed
imparziale o di un organo giudiziario. Queste garanzie devono essere
proporzionate al grado in cui le suddette misure incidono sui diritti e sugli
interessi delle persone.
5. Sulla base di quanto disposto nel presente articolo, gli Stati Parti
adottano tutte le misure adeguate ed efficaci per garantire l’uguale diritto
delle persone con disabilità alla proprietà o ad ereditarla, al controllo dei
propri affari finanziari e ad avere pari accesso a prestiti bancari, mutui e
altre forme di credito finanziario, e assicurano che le persone con
disabilità non vengano arbitrariamente private della loro proprietà.
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Situazioni di rischio ed emergenze umanitarie
art.11 Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità
Situazioni di rischio ed emergenze umanitarie
Gli Stati Parti adottano, in conformità agli obblighi derivanti dal diritto
internazionale, compreso il diritto internazionale umanitario e le norme
internazionali sui diritti umani, tutte le misure necessarie per garantire la
protezione e la sicurezza delle persone con disabilità in situazioni di
rischio, incluse le situazioni di conflitto armato, le emergenze umanitarie
e le catastrofi naturali.
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Situazioni di rischio ed emergenze umanitarie
Gli Stati Parti adottano, in conformità agli obblighi derivanti dal diritto
internazionale, compreso il diritto internazionale umanitario e le norme
internazionali sui diritti umani, tutte le misure necessarie per garantire la
protezione e la sicurezza delle persone con disabilità in situazioni di
rischio, incluse le situazioni di conflitto armato, le emergenze umanitarie
e le catastrofi naturali.
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Diritto alla vita
art.10 Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità
Diritto alla vita
Gli Stati Parti riaffermano che il diritto alla vita è connaturato alla persona
umana ed adottano tutte le misure necessarie a garantire l’effettivo
godimento di tale diritto da parte delle persone con disabilità, su base di
uguaglianza con gli altri.
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Diritto alla vita
Gli Stati Parti riaffermano che il diritto alla vita è connaturato alla persona
umana ed adottano tutte le misure necessarie a garantire l’effettivo
godimento di tale diritto da parte delle persone con disabilità, su base di
uguaglianza con gli altri.
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Accessibilità
art.9 Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità
Accessibilità
1. Al fine di consentire alle persone con disabilità di vivere in maniera
indipendente e di partecipare pienamente a tutti gli aspetti della vita, gli
Stati Parti adottano misure adeguate a garantire alle persone con
disabilità, su base di uguaglianza con gli altri, l’accesso all’ambiente
fisico, ai trasporti, all’informazione e alla comunicazione, compresi i
sistemi e le tecnologie di informazione e comunicazione, e ad altre
attrezzature e servizi aperti o forniti al pubblico, sia nelle aree urbane che
in quelle rurali. Queste misure, che includono l’identificazione e
l’eliminazione di ostacoli e barriere all’accessibilità, si applicano, tra
l’altro, a:
(a) edifici, viabilità, trasporti e altre strutture interne ed esterne, comprese
scuole, alloggi, strutture sanitarie e luoghi di lavoro;
(b) ai servizi di informazione, comunicazione e altri, compresi i servizi
informatici e quelli di emergenza.
2. Gli Stati Parti inoltre adottano misure adeguate per:
(a) sviluppare ed emanare norme nazionali minime e linee guida per
l’accessibilità alle strutture ed ai servizi aperti o forniti al pubblico e
verificarne l’applicazione;
(b) garantire che gli organismi privati, che forniscono strutture e servizi
aperti o forniti al pubblico, tengano conto di tutti gli aspetti
dell’accessibilità per le persone con disabilità;
(c) fornire una formazione relativa ai problemi di accesso con cui si
confrontano le persone con disabilità a tutti gli interessati;
(d) dotare le strutture e gli edifici aperti al pubblico di segnaletica in
caratteri Braille e in formati facilmente leggibili e comprensibili;
(e) mettere a disposizione forme di assistenza da parte di persone o
animali e servizi di mediazione, incluse guide, lettori e interpreti
professionisti esperti nella lingua dei segni, allo scopo di agevolare
l’accessibilità a edifici ed altre strutture aperte al pubblico;
(f) promuovere altre forme idonee di assistenza e di sostegno a persone
con disabilità per garantire il loro accesso all’informazione;
(g) promuovere l’accesso delle persone con disabilità alle nuove
tecnologie ed ai sistemi di informazione e comunicazione, compreso
internet;
(h) promuovere alle primissime fasi la progettazione, lo sviluppo, la
produzione e la distribuzione di tecnologie e sistemi di informazione
e comunicazione, in modo che tali tecnologie e sistemi divengano
accessibili al minor costo.
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Accessibilità
1. Al fine di consentire alle persone con disabilità di vivere in maniera
indipendente e di partecipare pienamente a tutti gli aspetti della vita, gli
Stati Parti adottano misure adeguate a garantire alle persone con
disabilità, su base di uguaglianza con gli altri, l’accesso all’ambiente
fisico, ai trasporti, all’informazione e alla comunicazione, compresi i
sistemi e le tecnologie di informazione e comunicazione, e ad altre
attrezzature e servizi aperti o forniti al pubblico, sia nelle aree urbane che
in quelle rurali. Queste misure, che includono l’identificazione e
l’eliminazione di ostacoli e barriere all’accessibilità, si applicano, tra
l’altro, a:
(a) edifici, viabilità, trasporti e altre strutture interne ed esterne, comprese
scuole, alloggi, strutture sanitarie e luoghi di lavoro;
(b) ai servizi di informazione, comunicazione e altri, compresi i servizi
informatici e quelli di emergenza.
2. Gli Stati Parti inoltre adottano misure adeguate per:
(a) sviluppare ed emanare norme nazionali minime e linee guida per
l’accessibilità alle strutture ed ai servizi aperti o forniti al pubblico e
verificarne l’applicazione;
(b) garantire che gli organismi privati, che forniscono strutture e servizi
aperti o forniti al pubblico, tengano conto di tutti gli aspetti
dell’accessibilità per le persone con disabilità;
(c) fornire una formazione relativa ai problemi di accesso con cui si
confrontano le persone con disabilità a tutti gli interessati;
(d) dotare le strutture e gli edifici aperti al pubblico di segnaletica in
caratteri Braille e in formati facilmente leggibili e comprensibili;
(e) mettere a disposizione forme di assistenza da parte di persone o
animali e servizi di mediazione, incluse guide, lettori e interpreti
professionisti esperti nella lingua dei segni, allo scopo di agevolare
l’accessibilità a edifici ed altre strutture aperte al pubblico;
(f) promuovere altre forme idonee di assistenza e di sostegno a persone
con disabilità per garantire il loro accesso all’informazione;
(g) promuovere l’accesso delle persone con disabilità alle nuove
tecnologie ed ai sistemi di informazione e comunicazione, compreso
internet;
(h) promuovere alle primissime fasi la progettazione, lo sviluppo, la
produzione e la distribuzione di tecnologie e sistemi di informazione
e comunicazione, in modo che tali tecnologie e sistemi divengano
accessibili al minor costo.
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21/11/10
Chiamatemi per nome
Non voglio più essere conosciuta per ciò che non ho
ma per quello che sono:una persona come tante altre.
Chiamatemi per nome.
Anch'io ho un volto, un sorriso, un pianto,una gioia da condividere.
Anch'io ho pensieri, fantasia, voglia di volare.
Chiamatemi per nome.
Non più portatrice di handicap, disabile,handicappata, cieca, sorda, cerebrolesa, spastica, tetraplegica.
Forse usate chiamare gli altri:"portatore di occhi castani" oppure "inabile a cantare"?
o ancora: "miope" oppure "presbite"?
Per favore. Abbiate il coraggio della novità.
Abbiate occhi nuovi per scoprire che,prima di tutto,io "sono".
Chiamatemi per nome.
L'ha scritta Gianni Scopelliti, pensando a sua figlia Benedetta
Vado via/ resto qui
Vado via perchè i nostri figli con disabilità grave sono discriminati in ogni momento.
Resto perchè esiste la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità
17/11/10
I robot

Stimolare la creatività dei bambini con disabilità e favorire il superamento delle differenze.
Lo trovo interessantissimo come progetto e soprattutto quando la tecnologia viene messa a disposizione di quelle persone con esigenze speciali.
Come? Ci ha pensato la Scuola di Robotica, associazione non profit genovese a metà tra scienza e solidarietà, che utilizza la robotica nella sua veste forse meno conosciuta, quella educativa, organizzando laboratori per le scuole.
Dove? A a HANDImatica 2010, la mostra-convegno sulle tecnologie per la disabilità in programma dal 25 al 27 novembre a Bologna.
I bambini vengono coinvolti nella costruzione in team di piccoli robot.
«I bambini con autismo in genere sono attratti dalle tecnologie - e per loro è rassicurante vedere che a un'azione corrisponde una reazione».
Sin dall’ideazione i bambini sono chiamati a collaborare tra di loro e con gli insegnanti.Viene inserito il robot in una narrazione, in modo da stimolarli ulteriormente a interagire con l’ambiente esterno.
La collaborazione è al centro anche dei laboratori per l'integrazione scolastica, in cui i bambini, con e senza disabilità, si aiutano l’un l’altro nel progettare i robot.
16/11/10
Ti Prego
TI PREGO
Quando mi dai la tua piccola mano
Che tante cose mai dette esprime
Ti ho forse chiesto una sola volta
Se mi vuoi bene?
Non è il tuo amore che voglio
Voglio soltanto saperti vicina
E che muta e silenziosa
Di tanto in tanto, mi tenda la tua mano
(Hermann Hesse)
15/11/10
13/11/10
La famiglia nella disabilità
I dati dell'Istat lo dimostrano: in Italia la famiglia è il principale - se non l’esclusivo - fornitore di servizi di cura e assistenza, nonché di sopravvivenza, per i propri membri in generale e in assoluto per le persone con disabilità. Per riappropriarsi delle sue funzioni e responsabilità, lo Stato italiano dovrebbe prima percepire le persone con disabilità come cittadini titolari di diritti e poi come membri di un nucleo familiare. Dovrebbe poi attuare un'analisi seria del bisogno e realizzare efficaci politiche economiche e sociali che liberassero le famiglie da carichi assistenziali insostenibili. Dovrebbe infine attivare una seria lotta all’evasione fiscale, per recuperare le ingenti risorse economiche occultate e redistribuirle a tutti i cittadini, anche quelli con disabilità, in termini di accessibilità e fruibilità dei servizi, benefìci economici diretti e agevolazioni e benefìci fiscali.
Una riflessione di Luisella Bosisio Fazzi, presidente del CND (Consiglio Nazionale sulla Disabilità), in occasione della Conferenza Nazionale della Famiglia
La presidente del Consiglio Nazionale sulla Disabilità, Luisella Bosisio Fazzi, nell'autunno del 2007 a Bruxelles, in occasione della campagna europea «1million4disability»«Mi è stato chiesto - ci scrive Luisella Bosisio Fazzi, presidente del CND (Consiglio Nazionale sulla Disabilità) - di intervenire con trenta righe nel quotidiano "L'Avvenire", illustrando sinteticamente le richieste al Governo in materia di politiche sociali e in occasione della Conferenza Nazionale della Famiglia, in corso di svolgimento a Milano fino al 10 novembre. Tema dell'articolo, lo stesso del titolo dato al Gruppo 9 della Conferenza, vale a dire Famiglie con fragilità/Disabilità/Anziani/Servizi». «Mi rendo ben conto - prosegue Bosisio Fazzi - che trenta righe sono pochissime per illustrare, spiegare ed eventualmente proporre considerazioni su un tema così difficile e complesso come quello della condizione delle persone con disabilità, della fragilità e dei servizi. Il rischio è anche quello di far percepire, a chi non conosce direttamente la condizione delle persone con disabilità, che nelle famiglie aleggi solo un sentimento di stanchezza, di rinuncia e di polemica. E tuttavia voglio dire che le famiglie incessantemente "ringraziano" il Governo delle continue parole di attenzione verso la famiglia, ma ne respingono questa attenzione quando diventa un alibi per non assumere gli obblighi e le responsabilità proprie dello Stato moderno e democratico quale l'Italia è».Ebbene, conveniamo che trenta righe siano effettivamente poche per trattare in profondità temi di tale portata, ma nonostante ciò riteniamo che la presidente del CND sia riuscita assai bene nel suo tentativo di sintesi, che ben volentieri qui proponiamo - con lievi riadattamenti - per gentile concessione. (S.B.)Leggendo il documento Istat pubblicato nello scorso mese di aprile, visionabile interamente anche in internet (cliccare qui), sappiamo che le persone con disabilità in Italia sono 2.600.000, pari al 4,8% della popolazione italiana. Di queste, il 93% vive in famiglia, mentre in istituto sono 190.000, pari allo 0,4%. Il 62% dei giovani adulti con disabilità sono figli che vivono con i genitori; e ancora, il 66% delle persone con disabilità è fuori dal mercato del lavoro e solo il 3,5 % è occupato. La ricerca dell'Istat esclude i dati relativi alla disabilità mentale e dei bambini sotto i 6 anni, rendendo quindi "invisibili" questi due gruppi la cui fragilità è ancora più intensa e complessa.Sono percentuali che provano che in Italia la famiglia è il principale - se non l’esclusivo - fornitore di servizi di cura e assistenza, nonché di sopravvivenza, per i propri membri in generale e in assoluto per le persone con disabilità. E la realtà di un sistema pubblico che scarica sulla disponibilità delle famiglie - e delle donne - l’azione di welfare di sua competenza danneggia il livello di qualità di vita delle persone con disabilità e delle loro famiglie.Per riappropriarsi delle sue funzioni e responsabilità, lo Stato italiano dovrebbe prima percepire le persone con disabilità come cittadini titolari di diritti e poi come membri di un nucleo familiare. Dovrebbe poi attuare un'analisi seria del bisogno, includendo anche i dati mancanti citati, e realizzare quindi efficaci politiche economiche e sociali che liberassero le famiglie da carichi assistenziali insostenibili. Dovrebbe infine attivare una seria lotta all’evasione fiscale, per recuperare le ingenti risorse economiche occultate e redistribuirle a tutti i cittadini, anche quelli con disabilità, in termini di accessibilità e fruibilità dei servizi, benefìci economici diretti e agevolazioni e benefìci fiscali.Stante la situazione rilevata, infatti, diventerà impossibile per le famiglie essere luoghi di promozione e tutela delle persone con disabilità. Schiacciate da compiti di cura insostenibili, ridotte in miseria dai costi dell’assistenza, si trasformeranno irreversibilmente in luoghi di esclusione e reclusione, in nuovi piccoli "tremendi istituti".*Presidente del CND (Consiglio Nazionale sulla Disabilità).
da superando.it
Una riflessione di Luisella Bosisio Fazzi, presidente del CND (Consiglio Nazionale sulla Disabilità), in occasione della Conferenza Nazionale della Famiglia
La presidente del Consiglio Nazionale sulla Disabilità, Luisella Bosisio Fazzi, nell'autunno del 2007 a Bruxelles, in occasione della campagna europea «1million4disability»«Mi è stato chiesto - ci scrive Luisella Bosisio Fazzi, presidente del CND (Consiglio Nazionale sulla Disabilità) - di intervenire con trenta righe nel quotidiano "L'Avvenire", illustrando sinteticamente le richieste al Governo in materia di politiche sociali e in occasione della Conferenza Nazionale della Famiglia, in corso di svolgimento a Milano fino al 10 novembre. Tema dell'articolo, lo stesso del titolo dato al Gruppo 9 della Conferenza, vale a dire Famiglie con fragilità/Disabilità/Anziani/Servizi». «Mi rendo ben conto - prosegue Bosisio Fazzi - che trenta righe sono pochissime per illustrare, spiegare ed eventualmente proporre considerazioni su un tema così difficile e complesso come quello della condizione delle persone con disabilità, della fragilità e dei servizi. Il rischio è anche quello di far percepire, a chi non conosce direttamente la condizione delle persone con disabilità, che nelle famiglie aleggi solo un sentimento di stanchezza, di rinuncia e di polemica. E tuttavia voglio dire che le famiglie incessantemente "ringraziano" il Governo delle continue parole di attenzione verso la famiglia, ma ne respingono questa attenzione quando diventa un alibi per non assumere gli obblighi e le responsabilità proprie dello Stato moderno e democratico quale l'Italia è».Ebbene, conveniamo che trenta righe siano effettivamente poche per trattare in profondità temi di tale portata, ma nonostante ciò riteniamo che la presidente del CND sia riuscita assai bene nel suo tentativo di sintesi, che ben volentieri qui proponiamo - con lievi riadattamenti - per gentile concessione. (S.B.)Leggendo il documento Istat pubblicato nello scorso mese di aprile, visionabile interamente anche in internet (cliccare qui), sappiamo che le persone con disabilità in Italia sono 2.600.000, pari al 4,8% della popolazione italiana. Di queste, il 93% vive in famiglia, mentre in istituto sono 190.000, pari allo 0,4%. Il 62% dei giovani adulti con disabilità sono figli che vivono con i genitori; e ancora, il 66% delle persone con disabilità è fuori dal mercato del lavoro e solo il 3,5 % è occupato. La ricerca dell'Istat esclude i dati relativi alla disabilità mentale e dei bambini sotto i 6 anni, rendendo quindi "invisibili" questi due gruppi la cui fragilità è ancora più intensa e complessa.Sono percentuali che provano che in Italia la famiglia è il principale - se non l’esclusivo - fornitore di servizi di cura e assistenza, nonché di sopravvivenza, per i propri membri in generale e in assoluto per le persone con disabilità. E la realtà di un sistema pubblico che scarica sulla disponibilità delle famiglie - e delle donne - l’azione di welfare di sua competenza danneggia il livello di qualità di vita delle persone con disabilità e delle loro famiglie.Per riappropriarsi delle sue funzioni e responsabilità, lo Stato italiano dovrebbe prima percepire le persone con disabilità come cittadini titolari di diritti e poi come membri di un nucleo familiare. Dovrebbe poi attuare un'analisi seria del bisogno, includendo anche i dati mancanti citati, e realizzare quindi efficaci politiche economiche e sociali che liberassero le famiglie da carichi assistenziali insostenibili. Dovrebbe infine attivare una seria lotta all’evasione fiscale, per recuperare le ingenti risorse economiche occultate e redistribuirle a tutti i cittadini, anche quelli con disabilità, in termini di accessibilità e fruibilità dei servizi, benefìci economici diretti e agevolazioni e benefìci fiscali.Stante la situazione rilevata, infatti, diventerà impossibile per le famiglie essere luoghi di promozione e tutela delle persone con disabilità. Schiacciate da compiti di cura insostenibili, ridotte in miseria dai costi dell’assistenza, si trasformeranno irreversibilmente in luoghi di esclusione e reclusione, in nuovi piccoli "tremendi istituti".*Presidente del CND (Consiglio Nazionale sulla Disabilità).
da superando.it
11/11/10
San Martino

San Martino
La nebbia a gl'irti colli
piovigginando sale,
e sotto il maestrale
urla e biancheggia il mar;
ma per le vie del borgo
ma per le vie del borgo
dal ribollir de' tini
va l'aspro odor de i vini
l'anime a rallegrar.
Gira su' ceppi accesi
Gira su' ceppi accesi
lo spiedo scoppiettando:
sta il cacciator fischiando
sull'uscio a rimirar
tra le rossastre nubi
tra le rossastre nubi
stormi d'uccelli neri,
com'esuli pensieri,
nel vespero migrar.
(Giosuè Carducci 19° secolo)
Adesso
Devo liberarmi del tempo e vivere il presente giacché non esiste altro tempo che questo meraviglioso istante.
Alda Merini
La dignità riconosciuta alla persona qualunque sia il suo limite!
"Le persone con disabilità sono membri attivi della società e come tali hanno il diritto di vivere all'interno della comunità integrandosi nel mondo del lavoro, della vita di relazione e in tutti gli altri aspetti della convivenza sociale - ha affermato il Ministro - Per questa ragione, come parte del processo di affermazione delle pari opportunità, siamo intervenuti attraverso una campagna di comunicazione per contrastare il fenomeno dell'esclusione e della discriminazione nei confronti dei disabili". Ci viene inoltre detto che l'obiettivo principale dell'iniziativa, che prevede l'attivazione di diversi canali di comunicazione tra cui TV, stampa, affissioni, radio e attività sul territorio, è di sensibilizzare la collettività sul principio dell'uguaglianza dei diritti, favorendo l'integrazione nei vari aspetti della vita sociale, lavorativa o familiare. "Si tratta di una campagna che esce dai canoni classici della comunicazione sociale, non utilizza un tono pietistico ma racconta con un linguaggio semplice e simbolico una verità di cui a volte ci dimentichiamo: una disabilità può impedire ad una persona di fare qualcosa, non di fare tutto. Ed è proprio questo che ci rende tutti uguali, perché nessuno, disabile o meno, sarà mai dotato di ogni abilità" - ha concluso il Ministro.Allora tutto bene. Siamo nel solco della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. Tuttavia, il limite dello slogan adottato, peraltro efficace, è che si riferisce solo ad una parte della disabilità (anche l'inflazionato simbolo che lo accompagna ce lo ricorda). Se ci sono disabilità che possono impedire ad una persona di fare qualcosa, ce ne sono altre che permettono di fare ben poco, a volte nulla. In questi casi la voglia di vivere non è necessariamente minore. A volte lo è, ma come per tutti: a disabili e non disabili può succedere per mille motivi di non aver più voglia di vivere. Il fatto è che le abilità, diverse o meno che siano, nel comune sentire, continuano a costituire un riferimento, quasi un'ossessione. Chi non possiede una qualche abilità non è nessuno. Ma la persona non è le sue abilità, la persona è ben altro! Il filo conduttore della Convenzione ONU è la dignità della persona, non le sue eventuali abilità. E poi c'è il "Q.I.". Nella delibera 851 del 31.03.09, della Regione Veneto, dove si parla di controindicazioni assolute al trapianto d'organo, tra i casi considerati vi è anche: "danni cerebrali irreversibili" e "ritardo mentale con Quoziente Intellettivo inferiore a 50" (Su ciò recentemente è scoppiata una polemica: cfr. Corriere della Sera del 29.05.2010). Abilità e intelligenza: entrambe possono essere ridotte al minimo, quasi azzerate, e in certi casi anche la salute concorre a mettere fuori gioco una persona. Ma qual è il gioco? I giochi di questa nostra società sono solo una parvenza di vita. Oggi mi pare manchino i presupposti per un confronto con la seria provocazione che la disabiltà pone, specie se intellettiva. Cosa possono dire, oggi, parole come quelle che Emmanuel Mounier scrisse in una lettera dal fronte della prima guerra mondiale, alla moglie a proposito della condizione della loro primogenita Françoise, affetta da encefalite? Il filosofo, che ogni sera puliva e preparava per la notte sua figlia, così si espresse: "Che senso avrebbe tutto questo se la nostra bambina non fosse altro che un frammento di carne sprofondato non si sa dove, un po' di vita sinistrata, e non questa bianca piccola ostia che ci supera tutti, una infinità di mistero e di amore che ci abbaglierebbe se lo vedessimo a faccia a faccia?".E se una seconda campagna di sensibilizzazione adottasse uno slogan tipo "limiti diversi, stessa dignità"? pensando, da un lato, agli svariati limiti con i quali poco o tanto, o tantissimo in caso di gravi menomazioni, gli esseri umani devono fare i conti, e dall'altro lato, a quel qualcosa che li caratterizza e che non si riesce a definire in modo esaustivo, ma da cui discende la loro dignità. Certo, non sarebbe uno slogan efficace come quello in questione, però gioverebbe a ribadire che prima di tutto vi è la dignità che deve essere riconosciuta alla persona, qualunque sia la sua condizione. In fondo proprio da ciò è partita anche la Convenzione ONU.
Angelo Fasani - Presidente di Anffas Milano Onlus
personecondisabilità
Angelo Fasani - Presidente di Anffas Milano Onlus
personecondisabilità
10/11/10
Qui io ti amo
Tra i pini scuri si srotola il vento.
Brilla fosforescente la luna su acque erranti.
Passano giorni uguali, inseguendosi l'un l'altro.
Si dirada la nebbia in figure danzanti.
Un gabbiano d'argento si stacca dal tramonto.
A volte una vela. Alte, alte stelle.
O la croce nera di una nave. Solo.
A volte mi alzo all'alba e persino la mia anima è umida.
Suona, risuona il mare lontano.Questo è un porto.
Qui io ti amo.
Qui io ti amo e invano l'orizzonte ti occulta.
Ti sto amando anche in mezzo a queste cose fredde.
A volte vanno i miei baci su quelle navi gravi,
che corrono sul mare dove non arriveranno.
Mi vedo già dimenticato come quelle vecchie ancore.
Sono più tristi le banchine quando ormeggia la sera.
Si stanca la mia vita inutilmente affamata.
Amo quel che non ho. Tu sei così distante.
La mia noia lotta con lenti crepuscoli.
Ma poi giunge la notte e inizia a cantarmi.
La luna proietta la sua pellicola di sogno.
Mi guardano con i tuoi occhi le stelle più grandi.
E poichè io ti amo, i pini nel vento
vogliono cantare il tuo nome con le loro foglie metalliche.
Pablo Neruda
09/11/10
08/11/10
Petizione per la L.328/2000
A 10 anni dalla pubblicazione della L. 328/2000 Anffas Onlus lancia una campagna nazionale: firma la petizione!
Parte la petizione lanciata da Anffas Onlus sul sito http://www.vita.it/news/view/108431 per sollecitare l'attuazione della L. 328/2000, che oggi, 8 novembre 2010, compie 10 anni. Tutti possono partecipare, semplicemente sottoscrivendola on-line: l'obiettivo dell'Associazione è quello di raggiungere rapidamente migliaia di firme. La petizione rientra nell'ambito della Campagna Nazionale Anffas Onlus per l'applicazione della L. 328 che vedrà il suo momento cardine il prossimo 3 dicembre, Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità, con la contemporanea presentazione, da parte dei singoli, della richiesta per la predisposizione del proprio progetto personalizzato ai sensi dell. 14 della L. 328/2000 al proprio Comune di Residenza
ANFFAS
Parte la petizione lanciata da Anffas Onlus sul sito http://www.vita.it/news/view/108431 per sollecitare l'attuazione della L. 328/2000, che oggi, 8 novembre 2010, compie 10 anni. Tutti possono partecipare, semplicemente sottoscrivendola on-line: l'obiettivo dell'Associazione è quello di raggiungere rapidamente migliaia di firme. La petizione rientra nell'ambito della Campagna Nazionale Anffas Onlus per l'applicazione della L. 328 che vedrà il suo momento cardine il prossimo 3 dicembre, Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità, con la contemporanea presentazione, da parte dei singoli, della richiesta per la predisposizione del proprio progetto personalizzato ai sensi dell. 14 della L. 328/2000 al proprio Comune di Residenza
ANFFAS
10 anni dalla L.328
L'8 novembre coincide con il decimo "compleanno" di una Legge - la n. 328 del 2000 - che venne salutata come l’avvento di una nuova concezione dell'assistenza sociale e che conteneva, in riferimento alle persone con disabilità, due articoli fondamentali, sui progetti individuali e sulla revisione dei sistemi di accertamento di invalidità e handicap. E tuttavia, rileva l'ANFFAS (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale), a distanza di dieci anni, poco o nulla di quanto prescritto da quella norma è stato applicato. Per questo la stessa Associazione lancerà proprio l'8 novembre una campagna nazionale per l'attuazione della 328, che proseguirà anche nei mesi successivi, con una serie di iniziative sull'intero territorio nazionale, rivolte direttamente anche ai Comuni e alle ASL
approvava la Legge 328, intitolata Legge Quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.Nelle cronache di quei giorni la conclusione del lunghissimo iter della Legge venne salutata come l’avvento di una nuova concezione dell'assistenza sociale che ribaltava i concetti definiti dalla precedente norma sulla medesima materia, risalente addirittura al secolo scorso. Si voleva, in altre parole:- concepire l'intervento sociale non come intervento riparatore di un "danno", ma come strategia integrata finalizzata al "Bene Essere della Persona", definendo i livelli essenziali delle prestazioni sociali, da finanziare anche attraverso il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali e la realizzazione del Piano Sociale Nazionale;- concepire le diverse competenze istituzionali non come confini burocratici e amministrativi entro cui difendere le proprie autonomie, ma come condizione di chiarezza sulle responsabilità dei diversi soggetti del sistema integrato;- concepire il ruolo dei soggetti di Terzo Settore non come supplente o più conveniente rispetto ai ruoli e ai costi della Pubblica Amministrazione, ma come portatore di interessi diffusi, a partire dal ruolo di advocacy e tutela dei diritti, delle istanze e dei bisogni dei cittadini, e quindi da intendere come ruolo attivo nella coprogettazione e nell'ideazione degli interventi e dei servizi alla persona.
All’interno di questo corposo disegno c'è soprattutto un articolo che per le persone con disabilità riveste un'importanza assoluta: l’articolo 14 (Progetti individuali per le persone disabili), che prevede il diritto di ogni persona con disabilità (e di chi lo rappresenta) di chiedere al Comune di scrivere il proprio progetto personalizzato di vita, d'intesa con l'ASL e con i diversi soggetti sociali e istituzionali che devono agire per realizzare la piena integrazione sociale.Un altro articolo di fondamentale importanza - rimasto del tutto disatteso - è il 24 (Delega al Governo per il riordino degli emolumenti derivanti da invalidità civile, cecità e sordomutismo) che prevedeva la revisione dei sistemi di accertamento di invalidità civile e stato di handicap e delle provvidenze economiche collegate, con il fine di orientare meglio l’obiettivo di tali misure verso il contrasto alla povertà e la promozione di incentivi alla rimozione delle limitazioni e valorizzazione delle capacità e autonomie delle persone con disabilità, nonché lo snellimento delle procedure connesse.
Ebbene, nonostante l’importanza di quanto previsto dalla Legge 328/00 per migliorare la qualità di vita delle persone con disabilità e dei loro genitori e familiari, a distanza di ben dieci anni vediamo che:° i Livelli Essenziali di Assistenza non sono stati definiti, il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali è stato più volte tagliato, il Piano Sociale Nazionale (approvato nel 2001) è rimasto lettera morta;° le competenze attribuite alle Regioni, alle Province e ai Comuni sono state sì chiarite e definite, ma siamo ancora molto lontani dal vedere le politiche integrate tra loro e distanti dalla tanto attesa e agognata integrazione socio-sanitaria;° il ruolo dei soggetti di Terzo Settore è ancora troppo spesso inteso in modo sbagliato o come supplenti delle difficoltà e delle inerzie della Pubblica Amministrazione, o come soggetti che, al massimo, devono essere sentiti e ascoltati, ma senza creare le condizioni di partecipazione e negoziazione auspicate dalla Legge 328;° L’articolo 14 rimane largamente disatteso, inapplicato, ignorato!° L’articolo 24 non è stato applicato e i sistemi di accertamento sono basati su paradigmi superati e svolti con modalità che spesso creano iniquità e discriminazioni a danno delle persone con disabilità!
articolo di Roberto Speziale Presidente Nazionale dell'ANFFAS su superando
approvava la Legge 328, intitolata Legge Quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.Nelle cronache di quei giorni la conclusione del lunghissimo iter della Legge venne salutata come l’avvento di una nuova concezione dell'assistenza sociale che ribaltava i concetti definiti dalla precedente norma sulla medesima materia, risalente addirittura al secolo scorso. Si voleva, in altre parole:- concepire l'intervento sociale non come intervento riparatore di un "danno", ma come strategia integrata finalizzata al "Bene Essere della Persona", definendo i livelli essenziali delle prestazioni sociali, da finanziare anche attraverso il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali e la realizzazione del Piano Sociale Nazionale;- concepire le diverse competenze istituzionali non come confini burocratici e amministrativi entro cui difendere le proprie autonomie, ma come condizione di chiarezza sulle responsabilità dei diversi soggetti del sistema integrato;- concepire il ruolo dei soggetti di Terzo Settore non come supplente o più conveniente rispetto ai ruoli e ai costi della Pubblica Amministrazione, ma come portatore di interessi diffusi, a partire dal ruolo di advocacy e tutela dei diritti, delle istanze e dei bisogni dei cittadini, e quindi da intendere come ruolo attivo nella coprogettazione e nell'ideazione degli interventi e dei servizi alla persona.
All’interno di questo corposo disegno c'è soprattutto un articolo che per le persone con disabilità riveste un'importanza assoluta: l’articolo 14 (Progetti individuali per le persone disabili), che prevede il diritto di ogni persona con disabilità (e di chi lo rappresenta) di chiedere al Comune di scrivere il proprio progetto personalizzato di vita, d'intesa con l'ASL e con i diversi soggetti sociali e istituzionali che devono agire per realizzare la piena integrazione sociale.Un altro articolo di fondamentale importanza - rimasto del tutto disatteso - è il 24 (Delega al Governo per il riordino degli emolumenti derivanti da invalidità civile, cecità e sordomutismo) che prevedeva la revisione dei sistemi di accertamento di invalidità civile e stato di handicap e delle provvidenze economiche collegate, con il fine di orientare meglio l’obiettivo di tali misure verso il contrasto alla povertà e la promozione di incentivi alla rimozione delle limitazioni e valorizzazione delle capacità e autonomie delle persone con disabilità, nonché lo snellimento delle procedure connesse.
Ebbene, nonostante l’importanza di quanto previsto dalla Legge 328/00 per migliorare la qualità di vita delle persone con disabilità e dei loro genitori e familiari, a distanza di ben dieci anni vediamo che:° i Livelli Essenziali di Assistenza non sono stati definiti, il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali è stato più volte tagliato, il Piano Sociale Nazionale (approvato nel 2001) è rimasto lettera morta;° le competenze attribuite alle Regioni, alle Province e ai Comuni sono state sì chiarite e definite, ma siamo ancora molto lontani dal vedere le politiche integrate tra loro e distanti dalla tanto attesa e agognata integrazione socio-sanitaria;° il ruolo dei soggetti di Terzo Settore è ancora troppo spesso inteso in modo sbagliato o come supplenti delle difficoltà e delle inerzie della Pubblica Amministrazione, o come soggetti che, al massimo, devono essere sentiti e ascoltati, ma senza creare le condizioni di partecipazione e negoziazione auspicate dalla Legge 328;° L’articolo 14 rimane largamente disatteso, inapplicato, ignorato!° L’articolo 24 non è stato applicato e i sistemi di accertamento sono basati su paradigmi superati e svolti con modalità che spesso creano iniquità e discriminazioni a danno delle persone con disabilità!
articolo di Roberto Speziale Presidente Nazionale dell'ANFFAS su superando
07/11/10
Franco Battiato - La Cura
...e guarirai da tutte le malattie...perchè sei un essere speciale e io.. avrò cura di te.
06/11/10
Sei ciò che mangi e perciò mangia bene!

Oggi, a 250 anni di distanza dalle intuizioni di Feuerbach e a 2500 da quelle di Platone, la biochimica dei neurotrasmettitori è in grado di dimostrare scientificamente la relazione tra alimentazione e comportamento umano.
Non più solo filosofia o saggezza empirica: ciò di cui ci nutriamo influisce attivamente su pensieri, emozioni e comportamenti dell'essere umano.
Le neuroscienze, d'altro canto, scoprono che a seconda del cibo di cui ci si nutre si attivano determinate aree encefaliche e si sviluppano o meno sentimenti e percezioni empatiche.
il sentiero
Germe di grano
Il germe di grano è una delle tre parti (regioni anatomiche) della cariosside, il frutto del grano.
La cariosside di frumento è infatti costituita da:
- tegumenti o involucri (8% circa)
- endosperma amilaceo o mandorla farinosa (87-89% circa)
- germe di grano o embrione (2-4% in peso)
Ogni regione ha chiaramente i suoi specifici nutrienti con relative proprietà. Il germe di grano, fermo restando che fa bene a tutti, è particolarmente indicato per la crescita dei bimbi, per la dieta degli anziani, per gli sportivi.
- tegumenti o involucri (8% circa)
- endosperma amilaceo o mandorla farinosa (87-89% circa)
- germe di grano o embrione (2-4% in peso)
Ogni regione ha chiaramente i suoi specifici nutrienti con relative proprietà. Il germe di grano, fermo restando che fa bene a tutti, è particolarmente indicato per la crescita dei bimbi, per la dieta degli anziani, per gli sportivi.
Contiene le Vitamine del gruppo B, Vitamine del gruppo E, minerali (fosforo, magnesio), grassi, aminoacidi, acidi grassi insaturi, sostanze fitoattive ed presenta un buon profilo proteico.
Un altro 'fiore all'occhiello' è la presenza di octacosanolo che contribuisce a migliorare la resistenza alla fatica fisica negli atleti e l’efficienza mentale in chi studia e in chi usa molto la mente ed il ragionamento.
Il germe di grano contiene poi i seguenti oligoelementi: calcio, potassio, silicio, fosforo, zolfo, zinco, rame, ferro, magnesio, manganese, selenio e molibdeno.
E’ proprio questa ricchezza in oligoelementi, coniugata con le vitamine e l’octacosanolo a rendere efficace e completo questo alimento.
In particolare è da sottolineare l’attività riequilibrante del metabolismo lipidico che contribuisce a ridurre significativamente i valori di colesterolo nel sangue.
E’ proprio questa ricchezza in oligoelementi, coniugata con le vitamine e l’octacosanolo a rendere efficace e completo questo alimento.
In particolare è da sottolineare l’attività riequilibrante del metabolismo lipidico che contribuisce a ridurre significativamente i valori di colesterolo nel sangue.
da il sentiero della natura
Musicoterapia con Silvia
La dimostrazione di cosa si può fare con un gruppo di ragazzi con disabilità intellettive di una certa gravità e farli divertire con poco....
Silvia sta facendo musicoterapia con il suo gruppo del centro diurno e sta cercando di insegnare alla sua vicina compagna:)
Quando l'ho visto mi sono commossa e divertita nello stesso tempo e lo voglio proporre come esempio positivo.
05/11/10
Il Trust a tutela delle persone con disabilità

Uno strumento finanziario per il futuro dei disabili
Destinare una parte del proprio patrimonio per garantire il futuro di un figlio disabile. Si può fare con il trust, strumento dell'ordinamento anglosassone che comincia a essere utilizzato anche in Italia. Se ne è parlato in un convegno a Bologna
BOLOGNA - C'è un nuovo strumento per tutelare il futuro delle persone con disabilità. Il "trust", ovvero un particolare modo per trasferire la proprietà di un bene a un beneficiario, può rivelarsi infatti la strada giusta per rispondere alle preoccupazioni dei genitori di figli disabili, o comunque di soggetti deboli (ad esempio tossicodipendenti). Una questione quanto mai attuale, visti "l'invecchiamento" e la migliore qualità di vita che le persone disabili hanno raggiunto in questi anni. Per discutere degli aspetti tecnici del trust, si è tenuto a Bologna un convegno intitolato "Trust in favore dei soggetti disabili", organizzato dall'associazione "Il trust in Italia" insieme agli "Amici di Luca" e alla fondazione "Dopo di noi". "Il trust sembra uno strumento particolarmente idoneo - spiega Luca Marchi, direttore della fondazione - per rispondere ai problemi del 'dopo di noi'". Gli strumenti attualmente a disposizione, come l'interdizione o l'inabilitazione, sono infatti poco adatti soprattutto dal punto di vista "morale": i genitori temono in altre parole di ledere la dignità del figlio.
Il trust, nato nell'ordinamento anglosassone, permette invece di destinare un patrimonio in favore di un soggetto incapace di gestirlo in prima persona: il patrimonio è gestito da un "trustee", una persona (ma anche un'associazione o un ente) che amministrerà i beni nell'interesse esclusivo del soggetto debole. Chi avvia un trust (il disponente) può indicare nel dettaglio le sue finalità e la sua durata ed eventualmente nominare un "protector" o guardiano, incaricato di sorvegliare su tutto il processo. "Si tratta di uno strumento complesso - spiega Marchi - e a dire la verità anche costoso, visto il coinvolgimento di legali e avvocati: per questo vale la pena approfondire". La fondazione "Dopo di noi", attiva dal 2003, in questi anni ha assistito 240 famiglie, "ma non abbiamo ancora mai utilizzato il trust". Molte energie sono state spese invece per incentivare l'uso dell'amministratore di sostegno, altro strumento utile a garantire le persone disabili anche dal punto di vista economico.
articolo su spazioausili
Destinare una parte del proprio patrimonio per garantire il futuro di un figlio disabile. Si può fare con il trust, strumento dell'ordinamento anglosassone che comincia a essere utilizzato anche in Italia. Se ne è parlato in un convegno a Bologna
BOLOGNA - C'è un nuovo strumento per tutelare il futuro delle persone con disabilità. Il "trust", ovvero un particolare modo per trasferire la proprietà di un bene a un beneficiario, può rivelarsi infatti la strada giusta per rispondere alle preoccupazioni dei genitori di figli disabili, o comunque di soggetti deboli (ad esempio tossicodipendenti). Una questione quanto mai attuale, visti "l'invecchiamento" e la migliore qualità di vita che le persone disabili hanno raggiunto in questi anni. Per discutere degli aspetti tecnici del trust, si è tenuto a Bologna un convegno intitolato "Trust in favore dei soggetti disabili", organizzato dall'associazione "Il trust in Italia" insieme agli "Amici di Luca" e alla fondazione "Dopo di noi". "Il trust sembra uno strumento particolarmente idoneo - spiega Luca Marchi, direttore della fondazione - per rispondere ai problemi del 'dopo di noi'". Gli strumenti attualmente a disposizione, come l'interdizione o l'inabilitazione, sono infatti poco adatti soprattutto dal punto di vista "morale": i genitori temono in altre parole di ledere la dignità del figlio.
Il trust, nato nell'ordinamento anglosassone, permette invece di destinare un patrimonio in favore di un soggetto incapace di gestirlo in prima persona: il patrimonio è gestito da un "trustee", una persona (ma anche un'associazione o un ente) che amministrerà i beni nell'interesse esclusivo del soggetto debole. Chi avvia un trust (il disponente) può indicare nel dettaglio le sue finalità e la sua durata ed eventualmente nominare un "protector" o guardiano, incaricato di sorvegliare su tutto il processo. "Si tratta di uno strumento complesso - spiega Marchi - e a dire la verità anche costoso, visto il coinvolgimento di legali e avvocati: per questo vale la pena approfondire". La fondazione "Dopo di noi", attiva dal 2003, in questi anni ha assistito 240 famiglie, "ma non abbiamo ancora mai utilizzato il trust". Molte energie sono state spese invece per incentivare l'uso dell'amministratore di sostegno, altro strumento utile a garantire le persone disabili anche dal punto di vista economico.
articolo su spazioausili
Ippoterapia

Silvia mentre fa ippoterapia....con il suo gruppo del centro diurno....una bellissima attività che Silvia fa molto volentieri .....
La Riabilitazione Equestre, meglio conosciuta con il nome di Ippoterapia, è un'attività terapeutica effettuata mediante l'ausilio del cavallo che investe l'individuo nella sua totalità, in quanto è un'attività a mediazione corporea che, al contempo, produce interessanti implicazioni sul piano affettivo-relazionale.È una terapia che si svolge in un contesto naturale, il maneggio, uno spazio in cui è possibile conoscere come vive il cavallo, le sue abitudini e le sue peculiarità. Inoltre i ragazzi che frequentano l'Ippoterapia hanno la possibilità di entrare in contatto con un gruppo di persone con la loro stessa finalità: andare a cavallo.E andare a cavallo significa stimolare numerose sensazioni, non solo di tipo motorio ma anche a livello psicologico.Andare a cavallo, infatti, non significa solo essere in sella ma vuol dire entrare in relazione con un altro essere vivente, così diverso da noi, eppure capace di provare le nostre stesse emozioni, questo animale con le sue peculiarità ed i suoi bisogni, che accoglie tutti senza distinzioni di sesso, di razza o di particolari abilità, permettendo di essere cavalcato e guidato.
L'obiettivo è quello di adattare uno sport che è l'equitazione alle peculiarità di ogni persona che si avvicina a questa attività, seguendo le sue inclinazioni e le sue potenzialità e tenendo conto dei suoi bisogni, delle sue emozioni e della sua personalità.Un'attività di tipo integrato che, attraverso l'uso del cavallo, dell'equitazione sportiva e di tutto ciò ad essi attiene, si pone come riferimento e stimolo per lo sviluppo motorio, psicologico e sociale degli allievi che vi partecipano
In particolare, oltre a promuovere una più integrata conoscenza corporea, dello spazio e del tempo, ed a favorire un miglioramento delle funzioni di equilibrio e del tono muscolare, oltre che promuovere il corretto sviluppo delle funzioni neuromotorie e senso-percettive, le attività sono finalizzate alla socializzazione, all'integrazione sociale ed alla sensibilizzazione nei confronti degli animali e della natura.
La partecipazione ad una attività integrata favorisce lo sviluppo psicomotorio, promuove l'autostima, aiuta le persone ad acquisire ed accettare le regole, offre la possibilità di relazionarsi con il gruppo e con un altro essere vivente: il cavallo.
fonte
La Riabilitazione Equestre, meglio conosciuta con il nome di Ippoterapia, è un'attività terapeutica effettuata mediante l'ausilio del cavallo che investe l'individuo nella sua totalità, in quanto è un'attività a mediazione corporea che, al contempo, produce interessanti implicazioni sul piano affettivo-relazionale.È una terapia che si svolge in un contesto naturale, il maneggio, uno spazio in cui è possibile conoscere come vive il cavallo, le sue abitudini e le sue peculiarità. Inoltre i ragazzi che frequentano l'Ippoterapia hanno la possibilità di entrare in contatto con un gruppo di persone con la loro stessa finalità: andare a cavallo.E andare a cavallo significa stimolare numerose sensazioni, non solo di tipo motorio ma anche a livello psicologico.Andare a cavallo, infatti, non significa solo essere in sella ma vuol dire entrare in relazione con un altro essere vivente, così diverso da noi, eppure capace di provare le nostre stesse emozioni, questo animale con le sue peculiarità ed i suoi bisogni, che accoglie tutti senza distinzioni di sesso, di razza o di particolari abilità, permettendo di essere cavalcato e guidato.
L'obiettivo è quello di adattare uno sport che è l'equitazione alle peculiarità di ogni persona che si avvicina a questa attività, seguendo le sue inclinazioni e le sue potenzialità e tenendo conto dei suoi bisogni, delle sue emozioni e della sua personalità.Un'attività di tipo integrato che, attraverso l'uso del cavallo, dell'equitazione sportiva e di tutto ciò ad essi attiene, si pone come riferimento e stimolo per lo sviluppo motorio, psicologico e sociale degli allievi che vi partecipano
In particolare, oltre a promuovere una più integrata conoscenza corporea, dello spazio e del tempo, ed a favorire un miglioramento delle funzioni di equilibrio e del tono muscolare, oltre che promuovere il corretto sviluppo delle funzioni neuromotorie e senso-percettive, le attività sono finalizzate alla socializzazione, all'integrazione sociale ed alla sensibilizzazione nei confronti degli animali e della natura.
La partecipazione ad una attività integrata favorisce lo sviluppo psicomotorio, promuove l'autostima, aiuta le persone ad acquisire ed accettare le regole, offre la possibilità di relazionarsi con il gruppo e con un altro essere vivente: il cavallo.
fonte
04/11/10
Dopo di noi
L'organizzazione del futuro di una persona con disabilità: quali sono le tutele giuridiche esistenti? In quali ambienti si potrà svolgere la vita di quella persona? E con quali fondi? Un ampio ed esaustivo studio di Salvatore Nocera prende in esame tutti gli aspetti del "dopo di noi"
Premessa - La complessità del problema in Italia, molti genitori che, soprattutto a partire dalla fine degli anni Sessanta, hanno fatto la scelta di non mandare più i figli con disabilità negli istituti e nelle scuole speciali, ma di tenerli presso di sé per integrarli nella scuola comune e nei normali posti di lavoro e, comunque, nell’ambito del proprio territorio, si trovano adesso a confrontarsi con il problema di cosa avverrà dei loro figli dopo la propria morte.Tali genitori vogliono infatti evitare che i figlioli, abituati a vivere fra tutti, possano rientrare nel circuito emarginante degli istituti speciali. Si pongono quindi il problema di come organizzare il loro futuro, cominciando a rendersi conto che il "dopo di noi" va sperimentato "durante noi".A questo punto sono almeno tre gli ordini di problemi che essi debbono affrontare:1) Quale tutela giuridica dare ai loro figlioli?2) In quali ambienti si potrà svolgere la loro vita dopo la loro scomparsa e con quale organizzazione?3) Con quali fondi sarà possibile garantire loro una permanenza sul territorio di abituale dimora degli stessi?Il problema, soprattutto in questi ultimi anni, è divenuto oggetto di numerosi incontri e dibattiti, di atti legislativi e amministrativi e di interventi negoziali di diritto privato che hanno contribuito a chiarire i termini della complessa questione e a richiedere continui, ulteriori approfondimenti.La tematica, dapprima oggetto solo della preoccupazione di singole famiglie, è stata sempre più assunta da associazioni di persone con disabilità e loro familiari e sempre più è divenuta oggetto dell’attenzione della politica, con proposte e soluzioni anche legislative e amministrative, nonché di carattere finanziario, che offrono oggi alle famiglie un ampio ventaglio di opportunità.
Capo I - Gli aspetti di tutela giuridica i genitori, sino a quando i figli con disabilità sono minori, sono per legge tutori degli stessi. Fino al 2004, poi, quando i figli diventavano maggiorenni, essi dovevano essere obbligatoriamente interdetti, cioè perdere completamente la capacità di compiere qualunque atto giuridico, essendo sostituiti in tutto e per tutto dal tutore, nominato dal tribunale in seguito ad una vera e propria causa che il genitore o il pubblico ministero dovevano intentare contro l’interdicendo, con enorme dispendio di spese e grande sofferenza psicologica.Con la Legge 6/2004 (che ha modificato gli articoli dal 404 e seguenti del Codice Civile), alla figura del tutore e, nei casi più lievi, del curatore, è stata aggiunta quella dell’amministratore di sostegno, per la cui nomina è sufficiente rivolgere istanza al giudice tutelare, senza la necessità di assistenza di un avvocato e con enorme risparmio di spese, anche giudiziarie.L’amministratore di sostegno, figura giuridica molto studiata dal professor Paolo Cendon dell’Università di Trieste, può essere designato anche dagli stessi genitori e non si occupa solo dell’amministrazione e conservazione del patrimonio della persona con disabilità, ma deve anche provvedere a garantire e rispettare “i suoi bisogni e le sue aspettative” di vita quotidiana.Inoltre, l’amministratore di sostegno viene nominato sulla base di un progetto giuridico personalizzato che prevede, di volta in volta, quali siano gli atti che egli deve compiere - come il tutore - in nome e per conto del beneficiario, quelli che - come il curatore - può compiere insieme col beneficiario, e quelli che il beneficiario può compiere da solo.Va tenuto presente che l'amministratore di sostegno può essere, oltre che un familiare, anche - nei casi indicati dal richiedente o eccezionalmente stabiliti dal giudice tutelare - il legale rappresentante di un’organizzazione prevista dal Libro Primo del Codice Civile, cioè associazioni - dotate o meno di personalità giuridica - fondazioni, organizzazioni di volontario, associazioni di promozione sociale ecc.Con questo recentissimo istituto, molti genitori possono trovare una soluzione per la tutela giuridica dei loro figlioli, anche nei casi in cui fossero riusciti, malgrado la loro maggiore età raggiunta da tempo, a non procedere all’interdizione per ripulsa psicologica ad un istituto giuridico rigido che mal si attaglia a persone con disabilità che, ormai da oltre un trentennio, sono integrate a pieno titolo nella vita quotidiana della società.
Capo II - Gli aspetti organizzativiChiariti gli aspetti giuridici, assai più complessi sono quelli di carattere organizzativo e cioè di dove far vivere l’adulto con disabilità dopo la morte dei genitori e con quale assistenza.A questo proposito, rifiutata, com'è ovvio, l’ipotesi dell’ingresso in istituti speciali, talora con svariate decine o addirittura centinaia di ospiti, i genitori hanno cercato di stimolare gli enti pubblici e la società civile a fornire soluzioni di residenzialità di tipo familiare, ubicate nel normale tessuto urbano, possibilmente in un appartamento nell’ambito di un condominio.Gli stessi genitori non guardano con simpatia le RSA (Residenze Sanitarie Assistenziali), di cui al Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) del 22 dicembre 1989, Atto di indirizzo e coordinamento dell’attività amministrativa delle Regioni e Province autonome concernente la realizzazione di strutture sanitarie residenziali per anziani non autosufficienti, non assistibili a domicilio o nei servizi semiresidenziali e al Decreto del Presidente della Repubblica (DPR) del 14 gennaio 1997, Approvazione dell’atto di indirizzo e coordinamento alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano, in materia di requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l’esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private.Infatti, pur prevedendosi la presenza, in ciascuna di esse, di non più di 20 persone, è consentita la costituzione di moduli di RSA che, per riduzione dei costi generali, possono aggregarsi sino ad un massimo di tre, portando così a 180 posti letto.Una tale realtà, dunque, non si differenzia sostanzialmente dai grossi istituti speciali e anche ove si decidesse di costituire singole RSA distanti tra loro, il numero di 20 posti letto non è certamente corrispondente ad un modello di tipo familiare che dovrebbe avere 3, 4, massimo 6 posti letto.
II. 1 - Normativa di diritto pubblicoLo Stato ha provveduto a emanare, nella seconda metà degli anni Novanta, tre importanti norme:1) l’articolo 10 della Legge 104/1992, che prevede la possibilità di creazione di comunità alloggio e centri socio-riabilitativi, anche residenziali; il comma 6 espressamente stabilisce che l’approvazione del progetto edilizio, ove le strutture siano ubicate in aree vincolate o a diversa specifica destinazione, costituisce variante al piano regolatore, purché le stesse strutture siano vincolate per almeno vent'anni all’accoglienza di persone con disabilità grave;2) la Legge 284/1997 su interventi a favore dei ciechi pluriminorati, che prevede anche la possibilità di piccole comunità residenziali;3) la Legge 162/1998, integrativa della Legge 104/1992 che, tra l’altro, contempla la realizzazione di progetti di vita, per quanto possibile indipendente, di persone con disabilità anche grave.
http://superando.eosservice.com/content/view/1186/121/
Premessa - La complessità del problema in Italia, molti genitori che, soprattutto a partire dalla fine degli anni Sessanta, hanno fatto la scelta di non mandare più i figli con disabilità negli istituti e nelle scuole speciali, ma di tenerli presso di sé per integrarli nella scuola comune e nei normali posti di lavoro e, comunque, nell’ambito del proprio territorio, si trovano adesso a confrontarsi con il problema di cosa avverrà dei loro figli dopo la propria morte.Tali genitori vogliono infatti evitare che i figlioli, abituati a vivere fra tutti, possano rientrare nel circuito emarginante degli istituti speciali. Si pongono quindi il problema di come organizzare il loro futuro, cominciando a rendersi conto che il "dopo di noi" va sperimentato "durante noi".A questo punto sono almeno tre gli ordini di problemi che essi debbono affrontare:1) Quale tutela giuridica dare ai loro figlioli?2) In quali ambienti si potrà svolgere la loro vita dopo la loro scomparsa e con quale organizzazione?3) Con quali fondi sarà possibile garantire loro una permanenza sul territorio di abituale dimora degli stessi?Il problema, soprattutto in questi ultimi anni, è divenuto oggetto di numerosi incontri e dibattiti, di atti legislativi e amministrativi e di interventi negoziali di diritto privato che hanno contribuito a chiarire i termini della complessa questione e a richiedere continui, ulteriori approfondimenti.La tematica, dapprima oggetto solo della preoccupazione di singole famiglie, è stata sempre più assunta da associazioni di persone con disabilità e loro familiari e sempre più è divenuta oggetto dell’attenzione della politica, con proposte e soluzioni anche legislative e amministrative, nonché di carattere finanziario, che offrono oggi alle famiglie un ampio ventaglio di opportunità.
Capo I - Gli aspetti di tutela giuridica i genitori, sino a quando i figli con disabilità sono minori, sono per legge tutori degli stessi. Fino al 2004, poi, quando i figli diventavano maggiorenni, essi dovevano essere obbligatoriamente interdetti, cioè perdere completamente la capacità di compiere qualunque atto giuridico, essendo sostituiti in tutto e per tutto dal tutore, nominato dal tribunale in seguito ad una vera e propria causa che il genitore o il pubblico ministero dovevano intentare contro l’interdicendo, con enorme dispendio di spese e grande sofferenza psicologica.Con la Legge 6/2004 (che ha modificato gli articoli dal 404 e seguenti del Codice Civile), alla figura del tutore e, nei casi più lievi, del curatore, è stata aggiunta quella dell’amministratore di sostegno, per la cui nomina è sufficiente rivolgere istanza al giudice tutelare, senza la necessità di assistenza di un avvocato e con enorme risparmio di spese, anche giudiziarie.L’amministratore di sostegno, figura giuridica molto studiata dal professor Paolo Cendon dell’Università di Trieste, può essere designato anche dagli stessi genitori e non si occupa solo dell’amministrazione e conservazione del patrimonio della persona con disabilità, ma deve anche provvedere a garantire e rispettare “i suoi bisogni e le sue aspettative” di vita quotidiana.Inoltre, l’amministratore di sostegno viene nominato sulla base di un progetto giuridico personalizzato che prevede, di volta in volta, quali siano gli atti che egli deve compiere - come il tutore - in nome e per conto del beneficiario, quelli che - come il curatore - può compiere insieme col beneficiario, e quelli che il beneficiario può compiere da solo.Va tenuto presente che l'amministratore di sostegno può essere, oltre che un familiare, anche - nei casi indicati dal richiedente o eccezionalmente stabiliti dal giudice tutelare - il legale rappresentante di un’organizzazione prevista dal Libro Primo del Codice Civile, cioè associazioni - dotate o meno di personalità giuridica - fondazioni, organizzazioni di volontario, associazioni di promozione sociale ecc.Con questo recentissimo istituto, molti genitori possono trovare una soluzione per la tutela giuridica dei loro figlioli, anche nei casi in cui fossero riusciti, malgrado la loro maggiore età raggiunta da tempo, a non procedere all’interdizione per ripulsa psicologica ad un istituto giuridico rigido che mal si attaglia a persone con disabilità che, ormai da oltre un trentennio, sono integrate a pieno titolo nella vita quotidiana della società.
Capo II - Gli aspetti organizzativiChiariti gli aspetti giuridici, assai più complessi sono quelli di carattere organizzativo e cioè di dove far vivere l’adulto con disabilità dopo la morte dei genitori e con quale assistenza.A questo proposito, rifiutata, com'è ovvio, l’ipotesi dell’ingresso in istituti speciali, talora con svariate decine o addirittura centinaia di ospiti, i genitori hanno cercato di stimolare gli enti pubblici e la società civile a fornire soluzioni di residenzialità di tipo familiare, ubicate nel normale tessuto urbano, possibilmente in un appartamento nell’ambito di un condominio.Gli stessi genitori non guardano con simpatia le RSA (Residenze Sanitarie Assistenziali), di cui al Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) del 22 dicembre 1989, Atto di indirizzo e coordinamento dell’attività amministrativa delle Regioni e Province autonome concernente la realizzazione di strutture sanitarie residenziali per anziani non autosufficienti, non assistibili a domicilio o nei servizi semiresidenziali e al Decreto del Presidente della Repubblica (DPR) del 14 gennaio 1997, Approvazione dell’atto di indirizzo e coordinamento alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano, in materia di requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l’esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private.Infatti, pur prevedendosi la presenza, in ciascuna di esse, di non più di 20 persone, è consentita la costituzione di moduli di RSA che, per riduzione dei costi generali, possono aggregarsi sino ad un massimo di tre, portando così a 180 posti letto.Una tale realtà, dunque, non si differenzia sostanzialmente dai grossi istituti speciali e anche ove si decidesse di costituire singole RSA distanti tra loro, il numero di 20 posti letto non è certamente corrispondente ad un modello di tipo familiare che dovrebbe avere 3, 4, massimo 6 posti letto.
II. 1 - Normativa di diritto pubblicoLo Stato ha provveduto a emanare, nella seconda metà degli anni Novanta, tre importanti norme:1) l’articolo 10 della Legge 104/1992, che prevede la possibilità di creazione di comunità alloggio e centri socio-riabilitativi, anche residenziali; il comma 6 espressamente stabilisce che l’approvazione del progetto edilizio, ove le strutture siano ubicate in aree vincolate o a diversa specifica destinazione, costituisce variante al piano regolatore, purché le stesse strutture siano vincolate per almeno vent'anni all’accoglienza di persone con disabilità grave;2) la Legge 284/1997 su interventi a favore dei ciechi pluriminorati, che prevede anche la possibilità di piccole comunità residenziali;3) la Legge 162/1998, integrativa della Legge 104/1992 che, tra l’altro, contempla la realizzazione di progetti di vita, per quanto possibile indipendente, di persone con disabilità anche grave.
http://superando.eosservice.com/content/view/1186/121/
03/11/10
Raccontare la disabilità

Due racconti per far comprendere che a dividere il mondo delle persone cosiddette “normali” dall'universo della disabilità è essenzialmente il pregiudizio. Anffas Trentino ha dato vita ad un’iniziativa unica nel suo genere. Una pubblicazione attraverso la quale si spiega in modo semplice la disabilità usando il linguaggio del fumetto. Grazie ai disegni dell’autore trentino Fulber sono nati dei personaggi e delle storie accattivanti che vogliono diffondere un messaggio tanto semplice quanto difficile da recepire: la disabilità significa carenza, ma non assenza di abilità. E quindi le persone con disabilità intellettiva - di cui Anffas Trentino si occupa da decenni - non sono incapaci di agire, ma fanno semplicemente più fatica e impiegano più tempo degli altri a svolgere le attività quotidiane. L'idea di raccontare la disabilità attraverso lo strumento del fumetto nasce dal bisogno di riuscire a spiegare ai bambini cosa significhi essere disabili. Evitando qualsiasi forma di "pietismo moralistico", Anffas Trentino vuole trasmettere l'idea che la disabilità non è una malattia, ma una condizione di vita che deve trovare spazio e visibilità, e soprattutto diritto di cittadinanza all'interno della comunità.
dal sito dell' ANFFAS di Trento
Accrescimento della consapevolezza
Articolo 8 Convenzione ONU sui diritti delle persone condisabilità
Accrescimento della consapevolezza
1. Gli Stati Parti si impegnano ad adottare misure immediate, efficaci ed
adeguate allo scopo di:
(a) sensibilizzare la società nel suo insieme, anche a livello familiare, sulla
situazione delle persone con disabilità e accrescere il rispetto per i
diritti e la dignità delle persone con disabilità;
(b) combattere gli stereotipi, i pregiudizi e le pratiche dannose concernenti
le persone con disabilità, compresi quelli fondati sul sesso e l’età, in
tutti gli ambiti;
(c) promuovere la consapevolezza delle capacità e i contributi delle
persone con disabilità.
2. Nell’ambito delle misure che adottano a tal fine, gli Stati Parti:
(a) avviano e conducono efficaci campagne di sensibilizzazione del
pubblico al fine di:
(i) favorire un atteggiamento recettivo verso i diritti delle persone con
disabilità;
(ii) promuovere una percezione positiva ed una maggiore
consapevolezza sociale nei confronti delle persone con disabilità;
(iii) promuovere il riconoscimento delle capacità, dei meriti e delle
attitudini delle persone con disabilità, del loro contributo
nell’ambiente lavorativo e sul mercato del lavoro;
(b) promuovono a tutti i livelli del sistema educativo, includendo
specialmente tutti i minori, sin dalla più tenera età, un atteggiamento
di rispetto per i diritti delle persone con disabilità;
(c) incoraggiano tutti i mezzi di comunicazione a rappresentare le persone
con disabilità in modo conforme agli obiettivi della presente
Convenzione;
(d) promuovono programmi di formazione per accrescere la
consapevolezza riguardo alle persone con disabilità e ai diritti delle
persone con disabilità.
su fb
Accrescimento della consapevolezza
1. Gli Stati Parti si impegnano ad adottare misure immediate, efficaci ed
adeguate allo scopo di:
(a) sensibilizzare la società nel suo insieme, anche a livello familiare, sulla
situazione delle persone con disabilità e accrescere il rispetto per i
diritti e la dignità delle persone con disabilità;
(b) combattere gli stereotipi, i pregiudizi e le pratiche dannose concernenti
le persone con disabilità, compresi quelli fondati sul sesso e l’età, in
tutti gli ambiti;
(c) promuovere la consapevolezza delle capacità e i contributi delle
persone con disabilità.
2. Nell’ambito delle misure che adottano a tal fine, gli Stati Parti:
(a) avviano e conducono efficaci campagne di sensibilizzazione del
pubblico al fine di:
(i) favorire un atteggiamento recettivo verso i diritti delle persone con
disabilità;
(ii) promuovere una percezione positiva ed una maggiore
consapevolezza sociale nei confronti delle persone con disabilità;
(iii) promuovere il riconoscimento delle capacità, dei meriti e delle
attitudini delle persone con disabilità, del loro contributo
nell’ambiente lavorativo e sul mercato del lavoro;
(b) promuovono a tutti i livelli del sistema educativo, includendo
specialmente tutti i minori, sin dalla più tenera età, un atteggiamento
di rispetto per i diritti delle persone con disabilità;
(c) incoraggiano tutti i mezzi di comunicazione a rappresentare le persone
con disabilità in modo conforme agli obiettivi della presente
Convenzione;
(d) promuovono programmi di formazione per accrescere la
consapevolezza riguardo alle persone con disabilità e ai diritti delle
persone con disabilità.
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01/11/10
Rispetto del principio di uguaglianza
Ricordiamo...
Il rispetto del principio di uguaglianza - sul quale sono incentrati tutti gli strumenti di
tutela dei diritti umani e quindi la convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità - impone di garantire che le persone con disabilità possano esercitare i propri diritti in condizioni di parità con le altre persone.
E tuttavia, benché negli ultimi anni siano stati compiuti progressi significativi, una serie di problemi impedisce tuttora la piena partecipazione delle persone con disabilità alla società.
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