“L’Universo non giudica: cospira a favore di ciò che desideriamo. Perciò il guerriero ha il coraggio di guardare le ombre della propria anima, e si domanda se non stia chiedendo qualcosa di sbagliato per se stesso. E presta sempre grande attenzione a ciò che pensa.” PAULO COELHO
12/02/13
Cresce il Welfare.....
Cresce il welfare, cresce l’Italia” è una Rete interassociativa promossa da più di 40 organizzazioni tra le più rappresentative del nostro Paese che operano nel campo dell’economia sociale, del volontariato e del sindacato. Ognuna mantiene la propria autonomia politica, organizzativa e la propria specificità, ma apporta alla Rete le proprie competenze, analisi, esperienze in funzione di un propositivo confronto.
La Rete non ricerca un ruolo politico o negoziale. Mira piuttosto a sensibilizzare, proporre, stimolare gli attori che operano nel sociale, le istituzioni nazionali e locali, la pubblica opinione sull’esigenza di sviluppare in Italia le politiche di welfare e in particolare le politiche dell’assistenza e della promozione sociale delle persone e delle famiglie.
In questa logica la Rete ha una struttura leggera: solo un coordinamento di dieci fra le maggiori organizzazioni aderenti e un'assemblea plenaria. Nessuna carica politica o di rappresentanza.
L’esperienza rappresenta una modalità innovativa di confronto e di produzione di proposte per l’Italia e per l’Unione europea soprattutto per la platea così variegata di organizzazioni aderenti, tutte interessate ai temi del welfare.
Al centro del dibattito della Rete ci sono i tagli alle politiche sociali condotti negli ultimi anni. Interventi che hanno azzerato il Fondo nazionale per la non autosufficienza, drasticamente ridotto il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali e praticamente annullati i Fondi nazionali a sostegno delle famiglie, dei giovani, degli immigrati.
Le conseguenze disastrose sono che gli enti locali si trovano a ridurre i servizi o ad aumentare le quote di compartecipazione a carico degli utenti. Eppure la persistente crisi economica richiederebbe maggiori servizi e minori costi a carico delle famiglie.
Inoltre i tagli e gli effetti della crisi si stanno ripercuotendo drammaticamente anche sulle condizioni di lavoro delle migliaia di persone che ogni giorno costruiscono il welfare del nostro Paese. Centinaia di posti di lavoro di giovani, soprattutto nel Sud, sono già stati messi in discussione.
La rete dei servizi sociali era, già prima della crisi, inadeguata e profondamente squilibrata fra le diverse aree del Paese. I processi di riforma avviati nel decennio trascorso, in primo luogo la legge 328/2000, che impegnavano lo Stato, le Regioni e gli Enti locali, con il concorso del Terzo settore e delle Organizzazioni sindacali, a potenziare la rete dei servizi e le politiche di promozione economica e sociale, sono stati attuati in modo inadeguato.
A livello centrale si è continuato a produrre misure disorganiche e inefficaci, rinunciando a definire un quadro strategico di intervento che avesse come base la definizione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni Sociali.
A livello regionale i processi di riforma contenuti nei Piani sociali e sanitari hanno trovato applicazione solo in poche realtà.
A livello locale la programmazione partecipata ha registrato criticità sia nell’adeguamento dell’offerta dei servizi alla domanda sociale, sia in termini di reale partecipazione degli attori sociali alle scelte contenute nei Piani di Zona.
Nel nostro Paese, le politiche sociali sono considerate una voce di spesa che, come tale, va condizionata ai vincoli di bilancio e subordinata ad altre spese ritenute più urgenti o più convenienti a fini elettorali. Non si riconosce la loro funzione propulsiva in quanto creatrici di sviluppo, di ricchezza materiale e umana.
Investire sulle persone, sulle famiglie, sulle loro capacità di tenuta, di reazione, d’intraprendenza vuol dire rendere il Paese più produttivo, più forte, più giusto, più inclusivo.
fonte: nuovowelfare
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