Pagine

26/09/13

C'era una volta Barbara e il suo compagno di banco, un bambino autistico.....




C’era una volta Barbara e il suo compagno di banco, un bambino autistico….
..questa non è una favola, è un frammento prezioso della mia infanzia.
Il mio primo giorno di scuola a sette anni. Direttamente in terza elementare, dopo un esame di ammissione. Ero timida e timorosa. Ma il maestro aveva una bella faccia larga e un sorriso rassicurante. Accanto ame, nel banchino, un bambino con grandi occhi dolci. L’appello. Tutti rispondono,il bambino accanto a me no. Ma il maestro risponde per lui.
Alberto è un bambino autistico, ma io non lo so ancora. Il maestro è attento, ci guarda spesso ma in modo non invasivo. Si comincia con un tema a soggetto libero e dobbiamo fare anche un disegno. Io apro il quaderno e comincio a scrivere. Vedo che il mio compagno di banco mi guarda , segue i miei movimenti, mi imita ma in un suo modo particolare. Insiste nel sistemare le matite, tante e di tutti i colori. Mi concentro sul compito, il tempo passa veloce, scrivo e disegno in fondo un pulcino giallo grande con il becco aperto e gli occhi come quelli del mio compagno silenzioso. Ho finito e finalmente alzo gli occhi e guardo che cosa ha fatto lui: vedo pagine piene di colori ma niente altro. Non capisco. Il maestro osserva e non dice niente, passa a ritirare i compiti. Alberto continua a sistemare le matite. Finalmente la ricreazione. Ci alziamo, io vado verso il maestro sperando che mi dica qualcosa. E finalmente capisco, a modo mio. “Alberto ha qualche difficoltà, tu sei un anno avanti, ti ho visto all’esame, sei la più brava della classe , puoi fare molto per lui” . Ho capito che mi hanno dato il ruolo di vice-maestro ma sono un po’ preoccupata…. Riprende la lezione, Alberto non si è mosso. La mia prima giornata di scuola mi ha stupito un po’.Ma il bello deve ancora finire. Il maestro parla , parla e finalmente la campanella. Metto via i quaderni e le matite… Alberto raccoglie tutte le sue in modo meticoloso e… le butta tutte per terra. Resta immobile. Mi arrabbio ma vedo che il maestro scuote la testa e mi fa un gesto come per dire… raccoglile. Io? Va bene, se lo dice il maestro…. mi chino pensando di aver subito un’ingiustizia. Raccolgo la prima matita e.. Alberto si alza, si china accanto a me e me le porge una per una. Accenna un impercettibile sorriso, sembra una smorfia. Ho capito… è il suo modo di comunicare. Mi tocca attraverso ogni matita che mi porge, lentamente. Guardo il maestro che sorride. Alla fine sono io che preparo la cartella di Alberto mentre lui continua a guardarmi. Il maestro sorride e ci accompagna fuori. E stato il primo giorno di scuola è già è valsa la pena di viverlo.
Alberto ha continuato tutti i giorni a buttare a terra le sue matite. E ha fatto disegni sempre più belli. Sono contenta di aver passato quell’anno nel banchino con lui. Anche se non mi ha mai detto una parola. Ma mi guardava fisso mentre raccoglievo le sue matite.. era il nostro gioco. E io guardavo i suoi disegni e gli facevo grandi sorrisi. L’ultimo giorno di scuola , incoraggiata dal maestro, sono riuscita a dargli un bacio.
Dopo quell’anno in cui ho aiutato Alberto a raccogliere le sue matite non ci siamo più visti.


Spero che abbia avuto una vita serena.

(Barbara Raval)

Nessun commento: