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29/10/11

Halloween









Halloweeen indica la vigilia della festa di Ognissanti, cioè il 31 ottobre.
La celebrazione della festa di Ognissanti, istituita da Papa Bonifacio IV nel 610 veniva celebrata il 13 maggio.
Successivamente l'Ognissanti fu spostata dal 13 maggio al 1 novembre per dare ai cristiani l'opportunità di ricordare tutti i santi e, il giorno dopo, tutti i cristiani defunti (Commemorazione dei Defunti).
La festa di Halloween, così come è intesa in senso moderno, deriva  dall'usanza dei Celti di travestirsi, dopo i sacrifici della notte del 31 ottobre, con pelli di animali uccisi per spaventare gli spiriti e di festeggiare per 3 giorni. Così mascherati tornavano al loro villaggio illuminandosi il cammino con lanterne costituite da rape intagliate e riempite con le braci del Fuoco Sacro . I colori tipici di queste celebrazioni, rimasti in voga per secoli e utilizzati anche oggi ad Halloween, erano l'arancio e il nero; l'arancio per ricordare la mietitura e la fine dell'estate, e il nero per simboleggiare l'arrivo della stagione delle tenebre.
Una credenza celtica affermava che il 31 ottobre Samhain, Dio delle Tenebre, richiamasse a sè tutti gli spiriti dei morti, abbattesse le leggi dello spazio e del tempo e consentisse agli spiriti di tornare sulla terra e unirsi ai viventi. Si credeva anche che i morti abitassero in una terra di eterna giovinezza e felicità detta "Tirnan Oge" e che a volte potessero abitare insieme alle Fate nelle collinette caratteristiche del territorio scozzese.

23/10/11

Un'attenta riflessione...



Un'attenta riflessione dimostra che, nella nostra vita, la sofferenza non è creata da cause esterne, ma da eventi interiori come il sorgere delle emozioni perturbatrici. Quindi il miglior antidoto contro la sofferenza è migliorare la nostra capacità di gestire queste emozioni. Se l'umanità deve sopravvivere, la felicità e l'equilibrio interiore sono di importanza fondamentale; altrimenti è molto probabile che le vite dei nostri figli e dei loro figli siano infelici, disperate e brevi.(Dalai Lama)

22/10/11

Ero intelligente.....


‎"Ero intelligente e volevo cambiare il mondo. Ora sono saggio e


sto cambiando me stesso" (Dalai Lama)

15/10/11

Sentenze - riepilogo - compartecipazione costi

 
IMPORTANTI SENTENZE
a) Nella sentenza n. 1607/2011 del 15 febbraio 2011, depositata in Cancelleria il 16 marzo 2011, la
Sezione quinta del Consiglio di Stato ha stabilito che l’evidenziazione della situazione economica del
solo assistito (soggetto con handicap permanente grave o ultrasessantacinquenne non
autosufficiente) contenuta nei decreti legislativi 109/1998 e 130/2000 «costituisce uno dei livelli
essenziali delle prestazioni da garantire in modo uniforme nell’intero territorio nazionale»
a cui «sia il legislatore regionale sia i regolamenti comunali devono attenersi»;
b) con la sentenza n. 5185/2011 del 31 maggio 2011 depositata in Cancelleria il 16 settembre 2011,
il Consiglio di Stato ha confermato in modo inequivocabile che gli assistiti, qualora si tratti di
soggetti con handicap in situazione di gravità, devono contribuire esclusivamente sulla base delle
loro personali risorse economiche senza alcun onere ai congiunti conviventi o non conviventi. Il
Consiglio di Stato ha fondato la sua decisione anche sulla base della Convenzione delle Nazioni Unite
sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dal nostro Paese con la legge n. 18/2009,
affermando quanto segue: «La giurisprudenza ha già sottolineato che la Convenzione si basa sulla
valorizzazione della dignità intrinseca, dell’autonomia individuale e dell’indipendenza della persona
disabile (v. l’art. 3, che impone agli Stati aderenti un dovere di solidarietà nei confronti dei disabili,
in linea con i principi costituzionali di uguaglianza e di tutela della dignità della persona, che nel
settore specifico rendono doveroso valorizzare il disabile di per sé, come soggetto autonomo, a
prescindere dal contesto familiare in cui è collocato, anche se ciò può comportare un aggravio
economico per gli enti pubblici)».  
Si ricorda che le norme di legge riguardanti i soggetti con handicap grave sono identiche a quelle
concernenti gli ultrasessantacinquenni non autosufficienti;
c) nella sentenza n.  784/2011 del 9 marzo 2011, depositata in Cancelleria il 24 marzo 2011, la
Sezione prima del Tar della Lombardia ha precisato  che «la regola della evidenziazione della
situazione economica del solo assistito, rispetto alle persone con handicap permanente grave,
integra un criterio immediatamente applicabile ai fini della fruizione di prestazioni afferenti a percorsi
assistenziali integrati di natura socio-sanitaria, erogate a domicilio o in ambiente residenziale a ciclo
diurno o continuativo,  senza lasciare spazio alcuno alle amministrazioni locali per una
diversa gestione in sede regolamentare» e che, pur tenendo conto «delle difficoltà dei Comuni
nel reperimento di fondi sufficienti per far fronte alle legittime richieste di prestazioni socio-sanitarie
e socio-assistenziali da parte di coloro che ne abbiano diritto secondo legge» questa situazione «non
può tradursi in misure che incidano negativamente sugli utilizzatori finali che, in quanto soggetti
svantaggiati, la legge statale ha inteso proteggere; d’altra parte non può trovare risposta in sede
giurisdizionale, ma esclusivamente in quella politica di riparto delle competenze e degli oneri
finanziari posti dalla legge direttamente a carico degli enti locali: il che significa che la questione di
legittimità costituzionale sollevata, a prescindere dai possibili profili di fondatezza, non è rilevante ai
fini della definizione del presente giudizio»;
d) nella sentenza n.  785/2011 del 9 marzo 2011, depositata in Cancelleria il 24 marzo, la stessa
Sezione prima del Tar della Lombardia ha condannato il Comune di Dresano a risarcire nella misura
di euro 2.200 il danno esistenziale subito dalla minore R.S. «in quanto l’illegittimo comportamento
del Comune ha determinato uno slittamento della data di inizio del servizio [frequenza di un centro
diurno per soggetti con grave handicap intellettivo] da settembre a novembre 2009».
Inoltre nella sentenza viene precisato che «ove i genitori avessero dimostrato che, nel periodo di
colpevole ritardo dell’Amministrazione comunale, essi abbiano provveduto direttamente e a proprie
spese ad assicurare un servizio equivalente alla propria figlia minore, i relativi costi avrebbero
rappresentato l’ammontare del danno patrimoniale risarcibile in loro favore».

10/10/11

Omicidi colposi

di Carlo Giacobini su facebook

Reggio Calabria, 22 giugno 2008. Ha preso il fucile che deteneva legalmente ed ha sparato due colpi da breve distanza alla testa del figlio, con problemi psichici, che è morto all'istante.
Roma, 13 luglio 2003. Uccide il figlio disabile mentre dorme. Due colpi di revolver calibro 38 al torace, mentre dormiva, nel sonno. Per non farlo soffrire troppo. E per chiudere un calvario che durava da troppo tempo
Teramo, 19 marzo 2009. Uccide il figlio disabile con una fucilata. Ha ucciso con un colpo di fucile in pieno petto, il figlio Giuseppe, 37 anni, invalido psichico, in preda ad un raptus di disperazione.
Pavia.1 gennaio 2007. Disoccupato uccide la madre disabile. Francesco Boario, 30 anni, ha colpito la donna con una spranga. Da tempo doveva accudirla perché gravemente malata
Pesaro, 21 novembre 2007. Una donna di 50 anni ha ucciso la figlia disabile di 22 anni tagliandole la gola con un coltello: subito dopo la donna ha cercato di suicidarsi usando la stessa arma. La donna, depressa, soffriva per l'handicap della figlia.
Quartiere Prenestino, Roma, 29 settembre 2009. Un dramma familiare ha causato due morti a Roma. Luigi Silvestri, 72 anni, ha ucciso la figlia disabile, annegandola, e poi si è tolto la vita lanciandosi dal balcone. Luigi aveva scoperto di avere un tumore.
Savona, 4 gennaio 2010. A 88 anni uccide figlio e si spara. “Era disabile, un gesto disperato.”
Parma, 21 ottobre 2006. Un 57enne ha ucciso la madre 81enne, disabile, poi si è tagliato le vene e si è gettato dal quarto piano dell'abitazione,
Pavia, 22 gennaio 2010. Si uccide accanto alla figlia disabile. L’ex commerciante da 50 anni la accudiva ogni giorno. «Distrutto dall’angoscia»
Palermo, 22 ottobre 2010. Uccide la madre disabile per non vederla soffrire. Storia di degrado e follia a Palermo: un pregiudicato toglie la vita alla madre invalida e malata
Lucca, 9 ottobre 2011. Strangola il figlio disabile. Da quasi quarant’anni si prendeva cura del figlio disabile, malato fin dalla nascita. Poi non ce l'ha fatta più: lo ha strangolato, forse per il timore di non poterlo assistere in futuro.
Sono solo alcune delle tante tragedie accadute in questi anni. Potremmo aggiungerne altre, altrettanto agghiaccianti come quella del settembre 2002 quando un padre, a Parma, si getta dal terzo piano dopo aver staccato il respiratore del figlio.
È fin troppo semplice e banale liquidarle con il frutto delle singole disperazioni.
No! Questi morti, e tutti quelli che verranno, hanno dei responsabili con nomi e cognomi. Sono i nomi di chi, ben sapendo, e avendo avuto anche la sfrontata improntidudine di documentarlo in tanti libri bianchi ufficiali, che il carico assistenziale è al 97% sulle spalle delle famiglie, non solo ha girato la testa dall’altra parte, ma ha fatto di peggio.
Di peggio! Ha ridotto il welfare (un nome inglese ad una necessità universale) ad un colabrodo, ne ha sottratto le risorse, ha lambiccato riflessioni astruse sui livelli di governo, sulle armonizzazioni, sulle ottimizzazioni, ma mai ha garantito dei livelli essenziali di assistenza, delle garanzie, dei diritti. Anzi, ha continuamente tagliato risorse, rosicchiato Fondi, eliminato contributi. Considerato l’assistenza uno “spreco” che castra la competitività.
Le famiglie, tutte, sono alla disperazione. Non occorre che ce lo dica l’ISTAT che la soglia di povertà è stata varcata da milioni di nuclei e singoli e che molti altri ci sono vicini.
Noi che viviamo la vita reale e che facciamo i conti con stipendi limitati, con i mutui, con il riscaldamento, con la disoccupazione, con mobilità, con i figli da crescere e i genitori da accudire, lo sappiamo già fin troppo bene.
E per le persone con disabilità la situazione è ancora più tetra di quanto lo era un anno o un lustro fa.
A quelle nere certezze, si aggiungono le ancora più cupe aspettative per il futuro.
È terribile, per le famiglie, prendere coscienza di non poter invocare, come fa lo Stato quando si tratta di assistenza, i limiti di bilancio.
È terribile per un genitore non sapere che ne sarà domani per suo figlio. Potrà ancora permettersi di fargli frequentare un centro diurno? Potrà accantonare qualcosa per il suo futuro? Potrà morire sereno sapendo che a suo figlio qualcuno ci penserà?
Intanto c’è la quotidianità fatta di incombenze, di emergenze, di assistenza, di sovraccarico, di annullamento della notte e del giorno. E di solitudine.
Non c’è da stupirsi che ci sia chi arriva ad uccidersi e ad uccidere. E accanto alla morte, vi sono milioni di vite in perenne tensione, senza futuro e serenità. Ma tutto questo non è inevitabile perchè ha delle cause e delle responsabilità.
Le cause saranno ancora più pressanti quando questo Governo e questa maggioranza, purtroppo con scarsa opposizione, approveranno la loro “riforma” assistenziale. Alle famiglie verranno tolti “i regimi di favore fiscale”= più tasse. Alle famiglie verranno ricalcolati gli ISEE = partecipazione alla spesa maggiore. Alle persone con disabilità verranno riviste le indennità di accompagnamento, restringendone la concessione. Ai comuni verrà tagliato un miliardo che usavano per i pochi servizi assistenziali.
È la logica della sussidiarietà dell’abbandono. Se non ci abbandona lo Stato, ci pensano le Regioni, e se nemmeno le Regioni ci riescono ci pensano gli enti locali. E salvo la carità di qualche ente compassionevole, che arriva dove arriva, le persone rimangono sole. Abbandonate e segregate.
Non sorprendiamoci per le prossime morti. Morti bianche del welfare ...
Ma non sono semplicemente “morti”: sono degli omicidi.
10 ottobre 2011

02/10/11

Compartecipazione ai costi dei servizi socio-sanitari

La quinta Sezione del Consiglio di Stato, con la Sentenza n. 1607 del 15 febbraio scorso, depositata il 17 marzo successivo, ha riaffermato il principio secondo il quale per le persone con grave disabilità ai sensi dell’articolo 3, comma 3 della Legge 104/92, e per gli anziani ultrasessantacinquenni non autosufficienti accertati dalle ASL, la contribuzione ai costi - rispetto alla fruizione di servizi domiciliari, diurni o residenziali in percorsi sociosanitari - deve avvenire sulla base del solo ISEE personale e non familiare (l'ISEE è l'Indicatore della Situazione Economica Equivalente)
Il Consiglio di Stato, inoltre - modificando un precedente orientamento espresso in un parere della Sezione Consultiva dello stesso -, ha affermato che il riferimento all'ISEE personale è un «livello essenziale», contenuto nell’articolo 3, comma 2 ter del Decreto Legislativo 130/00, che deve quindi essere garantito in modo uniforme su tutto il territorio nazionale e non è modificabile da singole leggi regionali, le quali possono invece graduare diversamente l'ammontare dell’ISEE familiare per le persone con disabilità non grave. E ciò anche in assenza del decreto governativo previsto dalla norma sopracitata, poiché essa ha un valore semplicemente organizzativo che non può annullare un principio stabilito dall'articolo 117 della Costituzione.


A tale affermazione il Consiglio di Stato perviene sulla base anche della lettura della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata dall'Italia con la Legge 18/09, che vieta di trattare nello stesso modo persone con disabilità grave e non grave.

Fonte