Pagine

31/08/15

Ti dono questi versi



Ti dono questi versi, perché se un giorno
il mio nome approderà felicemente
alle epoche lontane e farà sognare
qualche sera i cervelli degli uomini,
vascello assecondato da un gran vento,
il ricordo di te, pari alle vaghe favole,
affatichi il lettore come un timpano,
e resti appeso come un fraterno
e mistico anello alle mie rime altere;
essere maledetto cui, dagli abissi profondi
sino al più alto dei cieli, nulla all'infuori
di me risponde! O tu, che come un'ombra
dall'effimera orma,
calpesti con piede leggero e sguardo
sereno gli stupidi mortali che t'hanno
giudicato amara, statua dagli occhi
metallici, grande angelo dalla bronzea fronte! 

(Charles Baudelaire morto a Parigi il 31 agosto 1867)

16/08/15

Riflessi di compleanni...........

Riflessi di compleanni per noi autistici

Stanotte compirò 61 anni. Accade come ogni anno sulla coda del Ferragosto, quando sembra che il mondo s’imponga spensieratezza. Io invece di pensieri ne ho uno che, per quanto faccia, non mi potrà mai  abbandonare. Ho per di più accanto a me proprio Tommy, che galleggia nell’aura di una crisi epilettica. Il sole del mare non gli avrà giovato e quindi aspettiamo con le persiane chiuse che arrivi, così non ci si pensa più.
Non è una tragedia, quando Tommy si accorge che la convulsione sta arrivando comincia a soffiare forte e mi avverte che è meglio che lo faccia stendere, io ci sono abituato ed è una prassi con cui ho fatto da tempo i conti. Però più io invecchio meno sono sicuro che riuscirò sempre a stare accanto, in maniera utile, al mio gigante scosso da tremore.
Per questo mi comincia a pesare sempre più il mio tempo che si consuma. Questo compleanno mi imporrà anche il nuovo carico del prossimo compleanno di Tommy. E’ per me l’anno in cui dovrò affrontare il passaggio di Tommy alla maggiore età. I suoi coetanei già staranno pensando alla festa memorabile da fare con gli amici, alla patente che prenderanno, al fatto che la società nel bene o nel male comincerà a trattarli da adulti.
Per Tommy e i suoi diventare adulti è solo un cruccio, non so se lo avvertano consapevolmente, ma sono sicuro che la percezione di essere un ingombro, sempre più voluminoso per il mondo lillipuziano, dovrebbe essere una sensazione soffocante per tutti questi ragazzoni.
Tommy sarà maggiorenne tra qualche mese e io sarò meno suo padre. Qualcuno mi chiederà ragione di quello che faccio per lui, di quello che spendo, di come lo spendo. Dovrò conservare gli scontrini dei cinema, delle pizze prese assieme, delle scarpe a strappo, dei pantaloni mimetici e di tutto quello che penso a lui serva. E’ giusto ed è per sua tutela…Ma nessuno allo stesso tempo mi potrà assicurare, con pari solerzia, che quando io non ci sarò più la sua vita non cambierà.
“Io sono un leone triste…Nei miei occhi l’ eco della nera foresta, della nostalgia che resta delle notti d’ amore…” E’ un verso mi pare di Gottfried Benn, me lo dedicò una volta un amico per il fatale 17 agosto e divenne il mio motto spavaldo/decadente, la frase ricorrente con cui m’ esaltavo nei miei compleanni gloriosi di ragazzo indomito. Penso che oggi anche la nostalgia sarebbe un lusso, figuriamoci le notti non attraversate dal solito pensiero fisso…”In che mondo lo lascerò?”
Come al solito i disabili sono l’ anello più debole della solidarietà tra umani. E tra loro quelli che non possono parlare e difendersi ancora di più sono fantasmi. Ecco perché questo compleanno, giorno per me già da sempre funesto, è già nella sua vigilia il più triste che io ricordi.
leggi qui tutto l'articolo di Gianluca Nicoletti

12/08/15

C'era una volta.........


C'era una volta un giovane ramo di un grande albero. Era nato in primavera, tra il tepore dell'aria e il canto degli uccelli. In mezzo all'aria, alle lunghe giornate estive, al sole caldo, alle notti frizzanti, trascorse i suoi primi mesi di vita. Era felice: aveva foglie bellissime, e, poi, erano sopraggiunti fiori colorati ad adornano e, dopo ancora, grandi frutti succosi di cui tutti gli uccelli del cielo potevano nutrirsi.

Ma un giorno cominciò a sentirsi stanco: era settembre... I frutti si staccarono, le foglie cominciarono a cambiare colore divenivano sempre più pallide... Addirittura,
 di tanto in tanto il vento se ne portava via qualcuna. Venne la pioggia e poi l'aria fredda, e il ramo si sentiva sempre peggio: non capiva cosa stesse succedendo. In pochi giorni e in poche notti si trovò spoglio, infreddolito, completamente solo.

Rimase così qualche tempo fin quando non capì che non poteva far altro che mettersi a cercare i suoi fiori, le sue foglie, i suoi frutti per poter di nuovo stare insieme a loro. "Devo darmi da fare", disse risoluto tra sé e sé.

Cominciò allora, a chiedere aiuto a tutti i suoi amici. Si rivolse dapprima al Mattino: "Sono solo e infreddolito, ho perso tutte le mie foglie, sai dove le posso trovare?". Il Mattino rispose "Ci sono alberi che ne hanno tante, prova a chiedere a loro".

Si rivolse a quegli alberi: "Sono solo e infreddolito, ho perso tutte le mie foglie, sapete dirmi dove le posso trovare?". Gli alberi risposero: "Noi le abbiamo sempre avute, prova a chiedere agli alberi uguali a te". Si rivolse ai rami spogli come lui. "Abbiamo tanto freddo anche noi, non sappiamo cosa dirti...", gli risposero.

Queste parole lo fecero sentire meno solo. Si disse che, se avesse ritrovato le foglie, sarebbe subito corso dai suoi simili a rivelare il luogo in cui si trovavano. Continuò la sua ricerca e chiese al Vento. "Io le foglie le porto solo via è la pioggia che le fa crescere", disse il Vento a gran voce. Si rivolse alla Pioggia. "Le farò crescere a suo tempo", gli disse la pioggia tintinnando. Si rivolse allora al Tempo. "Io so tante cose", gli disse con voce profonda. "Il Tempo aggiusta tutto, non ti preoccupare occorrono tanti giorni e tante notti".

Si rivolse alla Notte, ma la Notte tacque e lo invitò a riposare. Si sentiva infatti molto stanco.

Mentre stava per addormentarsi uno gnomo passò di là. Al vedere quel ramo così spoglio e infreddolito, dal freddo e dalle intemperie si fermò e un po' preoccupato, gli chiese cosa stesse succedendo. Il ramo gli raccontò tutta la sua storia. Lo gnomo stette con lui, si fermò nel suo silenzio, lo ascoltò, sentì il suo dolore. Allora il ramo parlò ancora e disse: "Mi è sembrato di chiudere gli occhi e dopo averli riaperti non ho più trovato le mie foglie, non sono stato più capace di vederle".

Lo gnomo pensò a lungo, poi capì: si tolse gli occhiali e li posò sul naso del ramo, spiegandogli che erano occhiali magici che servivano per guardare dentro di sè. Il ramo, allora, apri bene gli occhi e... meraviglia...

Vide che dentro di sé qualcosa si muoveva, sentiva un rumore, vedeva qualcosa circolare provò ad ascoltare, guardò a fondo: era linfa, linfa viva che si muoveva in lui.

Incredulo disse allo gnomo ciò che vedeva. Lo gnomo gli spiegò che le foglie, i fiori, e i frutti, nascono grazie alla linfa oltre che al caldo sole, all'aria di primavera e alla pioggia.

"Se hai linfa dentro di te hai tutto", gli disse, "Non occorre chiedere più nulla a nessuno ma insieme all'acqua, alla luce, all'aria, agli altri rami, le foglie rinasceranno: le hai già dentro".

Il ramo, immediatamente si sentì più forte, rinvigorì: aveva la linfa in sé, non doveva più chiedere consigli, gli bastava lasciar vivere la linfa' che circolava in lui.

La linfa da cui un giorno, sarebbero rinate le amiche foglie. (dal web)

01/08/15

Il dolore di Gibran Khalil Gibran


 

 

Prese la parola una donna che disse: Parlaci del Dolore.
Ed egli disse:

 

Il vostro dolore è il rompersi del guscio che racchiude il vostro intendimento.
Come il nocciolo del frutto deve rompersi perché il suo seme possa ricevere il sole, così dovete conoscere il dolore.
Se poteste mantenere in cuore tutta la meraviglia per il prodigio quotidiano della vita, anche il dolore non vi sembrerebbe meno stupefacente che la gioia;

 

E accogliereste le stagioni del cuore come avete sempre accolto le stagioni che passano sui vostri campi.
E vegliereste sereni nell'inverno della vostra sofferenza.
Molte pene le avete scelte voi.
È la pozione amara con cui il medico in voi cura il vostro io malato.
Fidatevi del medico e bevete il rimedio tranquilli e in silenzio;
Perché la sua mano, anche se rude e pesante, è guidata dalla
mano premurosa dell'Invisibile.
E la tazza che vi porge, anche se brucia le labbra, è stata modellata con l'argilla che il Vasaio ha bagnato con le Sue lacrime sacre.


(Gibran Khalil Gibran)

CONTEMPLO IL LAGO SILENZIOSO



Contemplo il lago silenzioso
che la brezza fa rabbrividire.
Non so se penso a tutto
o se tutto mi dimentica.
Nulla il lago mi dice
né la brezza cullandolo.
Non so se sono felice
né se desidero esserlo.
Tremuli solchi sorridono
sull'acqua addormentata.
Perché ho fatto dei sogni
la mia unica vita?

Fernando Pessoa