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30/10/14

Considera che quel momento arriverà


Ora va’. Corri pure se vuoi. 
Non ti porre obiettivi, non ti dare scadenze, non crearti certezze. Non pensare a nulla. 
Chiudi con l’amico che ti ha ferito, rinnega l’amore più grande che hai avuto, rimprovera tua madre di non averti compreso, esaspera i piccoli litigi e dì pure che gli altri sono peggiori di te. 
Fallo. Nessuno è qualcuno per dire che stai sbagliando. 
Ma per onestà, soltanto per onestà, riconosci a te stesso che verrà un momento in cui dovrai fermarti. Non si sa quando, 
ma questa corsa finirà. 
Allora, può darsi che ti verrà voglia di rivedere l’amico non perdonato, che avvertirai il desiderio di riprovare quell’amore rinnegato, che ti spiacerà aver accusato tua madre di una comprensione che proprio non poteva darti. Ti pentirai di aver ingigantito delle piccole discussioni e ti rattristerai nell’accorgerti che se non avessi impiegato tanto tempo a convincerti che gli altri fossero peggiori di te, probabilmente ti saresti accorto anche che qualcuno poteva essere migliore. 
Forse saresti diventato uno che conta. E invece di ridere di chi pensa di cambiare il mondo, lo avresti cambiato e basta. O forse no. Se anche avessi fatto tutte queste cose, la tua vita sarebbe stata identica a quella che hai vissuto. Ma non puoi saperlo. 
E allora, mentre corri e ti affanni, mentre te ne freghi del tempo che passa e della fugacità con la quale riempi le tue giornate, è bene che tu consideri che quel momento arriverà. Se poi, pur considerandolo, ti verrà voglia di continuare a vivere come credi, senza obiettivi, scadenze o certezze, senza capacità di perdonare e di amare…Va bene. La vita è tua. Il futuro anche.
Ma per onestà, soltanto per onestà, considera che quel momento arriverà. (Serena Santorelli)fonte

Quando vuoi bene a qualcuno..







Quando vuoi bene a qualcuno,

sappi che non c'è mancanza di rispetto
più grande dell'interruzione del dialogo.
Di quella porta
che chiudi in faccia alle parole e che preclude
ogni possibilità di crescita.
Quando vuoi bene a qualcuno considera che,
nel chiudere la porta del dialogo,
hai delegato al silenzio il continuo della storia.
E il silenzio non costruisce. Distrugge.

Serena Santorelli

24/10/14

"Credo di una donna"

Noi, esseri umani e donne, sospese sull’orlo del nuovo millennio. Noi siamo la maggioranza della specie, ma abbiamo abitato nell’ombra. Noi le invisibili, le analfabete, le sfruttate, le profughe, le povere.
E noi votiamo: mai più.
Noi siamo le donne affamate – di riso, casa, libertà, delle altre, di noi stesse.
Noi siamo le donne assetate – di acqua limpida e risate, di letture, d’amore.
Noi siamo esistite in tutti i tempi, in ogni società.
Siamo sopravvissute al nostro sterminio. Ci siamo ribellate – e abbiamo lasciato dei segni.
Noi siamo la continuità, intessiamo il futuro col passato, la logica con la poesia. Noi siamo le donne che tengono duro e gridano .
Noi siamo le donne dalle ossa, voci, menti, cuori spezzati – eppure siamo le donne che osano sussurrare No.
Noi siamo le donne la cui anima nessuna gabbia fondamentalista può contenere.
Noi siamo le donne che rifiutano di permettere che si semini morte nei nostri giardini, nell’aria, nei fiumi, nei mari.
Noi siamo, tutte e ciascuna, preziose, uniche, necessarie. Noi fatte più forti, benedette, sollevate perché non uguali. Noi siamo le figlie del desiderio. Noi siamo le madri che daranno alla luce la politica del XXI secolo.
Noi siamo le donne da cui gli uomini ci hanno messo in guardia.
Noi siamo le donne che sanno che tutte le questioni ci riguardano, che reclamano il loro sapere, reinventeranno il loro domani, discuteranno e ridefiniranno ogni cosa, incluso il potere.
Sono decenni ormai che lavoriamo a dar nome ai dettagli del nostro bisogno, rabbia, speranza, visione. Abbiamo rotto il nostro silenzio, esaurito la nostra pazienza. Siamo stanche di enumerare le nostre sofferenze – per intrattenere o essere semplicemente ignorate. Ne abbiamo  abbastanza di parole vaghe e attese concrete; abbiamo fame d’azione, dignità, gioia. Intendiamo fare di meglio che resistere e sopravvivere.
Hanno tentato di negarci, definirci, piegarci, denunciarci; ci hanno messe in prigione, ridotte in schiavitù, esiliate, stuprate, picchiate, bruciate, asfissiate, seppellite – e ci hanno annoiate. Ma niente, neppure l’offerta di salvare il loro agonizzante sistema, ci può trattenere.
Per migliaia di anni le donne hanno avuto responsabilità senza potere, mentre gli uomini avevano potere senza responsabilità. Agli uomini che accettano il rischio di esserci fratelli offriamo un equilibrio, un futuro, una mano. Ma con loro o senza di loro, noi andremo avanti.
Perché noi siamo le Antiche, l’Essere Nuovo, le Native venute per prime e rimaste, indigene come nessuno. Siamo la bambina dello Zambia, la nonna della Birmania, le donne del Salvador e dell’Afghanistan, della Finlandia e di Fiji. Siamo canto di balena e foresta pluviale; l’onda sommersa del mare che monta, immensa, a spezzare in mille frammenti il vetro del potere. Siamo le perdute e le disprezzate che, piangendo, avanzano nella luce.
Questo noi siamo. Siamo intensità e energia. Siamo i popoli del mondo che parlano – che non aspetteranno più e non possono essere fermati.
Siamo sospese sull’orlo del millennio: alle spalle la rovina, davanti nessuna mappa, il sapore della paura acuto sulle nostre lingue.
Eppure faremo il salto.
L’esercizio dell’immaginazione è un atto di creazione.
L’atto di creazione è un esercizio della volontà.
Tutto questo è politica. E’ possibile.
Pane. Un cielo pulito. Pace vera. La voce di una donna che canta chissà dove, melodia che spira come fumo dai falò campestri. Congedato l’esercito, abbondante il raccolto. Rimarginata la ferita, voluto il bambino, liberato il prigioniero, onorata l’integrità del corpo, ricambiato l’amante. Magico talento di trasformare i segni in significato. Uguale, giusto e riconosciuto il lavoro. Piacere nella sfida che porta, concordi, a risolvere i problemi. La mano che si alza solo nel saluto. Interni – dei cuori, delle case, dei paesi – così solidi e sicuri da rendere finalmente superflua la sicurezza dei confini. E ovunque risate, sollecitudine, festa, danze, contentezza. Un paradiso umile, terrestre, ora.
Noi lo renderemo reale, nostro, disponibile. Noi disegneremo la politica, la storia, la pace. Il miracolo è pronto.
Credeteci.
Siamo le donne che trasformeranno il mondo.
di Robin Morgan 
da "Cassandra non abita più qui. Maria Nadotti intervista Robin Morgan"
pubblicato qui

21/10/14

Autunno





                                                       Autunno. Già lo sentimmo venire
                                                                  nel vento d'agosto,

nelle piogge di settembre
torrenziali e piangenti,
e un brivido percorse la terra
che ora, nuda e triste,
accoglie un sole smarrito.
Ora passa e declina,
in questo autunno che incede
con lentezza indicibile,
il miglior tempo della nostra vita
e lungamente ci dice addio.
(Vincenzo Cardarelli)

14/10/14

Questa sera mi sono seduto vicino a una finestra aperta......








"Questa sera, mi sono seduto vicino a una finestra aperta e ho letto finchè la luce se n'è andata e il libro non è diventato altro che parte dell'oscurità

Avrei anche potuto accendere una lampada,ma volevo attraversare questo giorno fin dentro la notte,per rimanere seduto da solo a lisciare la pagina illeggibile con il pallido fantasma grigio della mia mano."(Ted Kooser)

13/10/14

Stella Cadente



Quanno me godo da la loggia mia
quele sere d'agosto tanto belle
ch'er celo troppo carico de stelle
se pija er lusso de buttalle via,
a ognuna che ne casca penso spesso
a le speranze che se porta appresso.

Perché la gente immaggina sur serio
che chi se sbriga a chiede quarche cosa
finché la striscia resta luminosa,
la stella je soddisfa er desiderio;
ma, se se smorza prima, bonanotte:
la speranzella se ne va a fa' fotte.

Jersera, ar Pincio, in via d'esperimento,
guardai la stella e chiesi: — Bramerei
de ritrovamme a tuppertù co' lei
come trent'anni fa: per un momento.
Come starà Lullù? dov'è finita
la donna ch'ho più amato ne la vita? —

Allora chiusi l'occhi e ripensai
a le gioje, a le pene, a li rimorsi,
ar primo giorno quanno ce discorsi,
a quela sera che ce liticai...
E rivedevo tutto a mano a mano,
in un nebbione piucchemmai lontano.

Ma ner ricordo debbole e confuso
ecco che m'è riapparsa la biondina
quanno venne da me quela matina,
giovene, bella, dritta come un fuso,
che me diceva sottovoce: — È tanto
che sospiravo de tornatte accanto! —

Er fatto me pareva così vero
che feci fra de me: — Questa è la prova
che la gioja passata se ritrova
solo nel labirinto der pensiero.
Qualunquesia speranza è un brutto tiro
de l'illusione che ce pija in giro. —

Però ce fu la mano der Destino:
perché, doppo nemmanco un quarto d'ora,
giro la testa e vedo una signora
ch'annava a spasso con un cagnolino.
Una de quele bionde ossiggenate
che perloppiù ricicceno d' estate.

— Chissà — pensai — che pure 'sta grassona
co' quer po' po' de robba che je balla
nun sia stata carina? — E ner guardalla
trovai ch'assommava a 'na persona...
Speciarmente er nasino pe' l'insù
me ricordava quello de Lullù...

Era lei? Nu' lo so. Da certe mosse,
da la maniera de guarda la gente,
avrei detto: — È Lullù, sicuramente... —
Ma ner dubbio che fosse o che nun fosse
richiusi l'occhi e ritornai da quella
ch'avevo combinato co' la stella. (Trilussa)

da PensieriParole
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